Categoria: Abbigliamento e accessori

Chiù (saccu a) pilu per tutti!

Il sacco a pelo, croce e delizia del campeggiatore.
Visto che sembra che i raduni invernali stiano avendo un momento di gloria, e visto che qualcuno è venuto a chiedermi chiarimenti, direi che ci sta bene un seguito all’articolo sulle tende.

Il sacco a pelo è oggetto di discussione tra campeggiatori probabilmente da quando si conosce il pelo, le variabili sono molte ed ognuno ha le sue preferenze, più o meno motivate, al solito provo a dire la mia sperando di chiarire le idee a chi ne avesse bisogno.

PUNTO PRIMO: LE TEMPERATURE INDICATE

In Europa esiste una normativa (la EN 13537) che indica come devono essere misurate le “prestazioni” di un sacco a pelo, praticamente qualsiasi sacco a pelo, fatte salve le peggiori ciofeche, porta cucita un’etichetta, sulla custodia o sul sacco stesso, sulla quale sono indicate quattro, temperature. (Attenzione, la sola presenza dell’etichetta non basta a garantire la normativa, questa dev’essere espressamente citata).

temperature-sacchi

Quella riportata qui, forse una delle più chiare, è quella che si trova sui sacchi a pelo Ferrino, altre marche possono usare grafiche diverse ma i dati contenuti sono gli stessi.
La massima temperatura di comfort è un dato relativamente poco utile, sarebbe la temperatura fino alla quale un uomo adulto può dormire “senza eccessiva traspirazione”, con cappuccio abbassato, cerniera aperta e braccia fuori dal sacco. Utile fino ad un certo punto direi.

La prima temperatura di comfort (-9° in questo caso) è quella temperatura alla quale UNA DONNA STANDARD, può dormire in posizione rilassata senza provare freddo

Il limite inferiore di comfort (-16° in questo caso) è quella temperatura sotto la quale UN UOMO STANDARD, può dormire IN POSIZIONE RANNICCHIATA senza provare freddo

La temperatura estrema (-37° in questo caso) è quella temperatura fino alla quale il sacco a pelo può RIPARARE DALL’IPOTERMIA PER SEI ORE UNA DONNA STANDARD… Attenzione che questo non vuol dire che permetta di dormire, ma semplicemente che non vi fa morire.

test sacchiPer uomo standard si intende un uomo di 25 anni, di corporatura media, altezza 173cm, peso 73Kg
Per donna standard  si intende una donna di 25 anni, di corporatura normale, altezza 160cm, peso 60Kg
Questi dati si basano ovviamente su sensibilità “medie”, conosco donne che girano in canottiera in inverno, e uomini che iniziano a battere i denti a 15°, e le misurazioni vengono eseguite infilando nel sacco un manichino dotato di sensori che misurano la dispersione termica. quindi vanno presi con beneficio d’inventario, ma sono utili ad avere un inquadramento generale.

L’errore più comune che fa chi acquista per la prima volta un sacco a pelo, è lanciarsi sulla temperatura estrema, pensando di poter dormire a -30° in tutta serenità, niente di più sbagliato. Come scritto sopra, con un sacco a pelo indicante come “extreme” 30 gradi sotto lo zero, a quella temperatura vi evita di morire per ipotermia, ma passerete una notte d’inferno. Le temperature di interesse sono la upper e la lower comfort, poi dovrete essere voi a valutare se siete freddolosi o meno. Come indicazione generale, è utile ed ovvio ricordare che un sacco a pelo un po’ più pesante può essere tenuto aperto, uno troppo leggero vi farà dormire male; ovviamente senza esagerare, un sacco a pelo da spedizione artica, anche aperto, in estate non è comodo.

PUNTO SECONDO: LE IMBOTTITURE

Quindi fate mente locale, decidete cosa volete fare col vostro sacco a pelo e decidete qual è il rating di temperatura di cui avete bisogno. Fatto questo andate in negozio, o aprite il web e il secondo dilemma è “piuma o sintetico?” Altro argomento sul quale ci sono state discussioni fiume, si sono rotte amicizie, sono volati schiaffi e male parole. Non proprio, ma quasi.
Partiamo da un presupposto, con i materiali moderni si possono ottenere rating di temperature identici sia con la piuma che col sintetico, anche parlando di temperature estreme, non è quindi vero che “la piuma è più calda”, se uno vi fa un’affermazione del genere, o è un venditore in malafede che cerca di vendervi a tutti i costi un sacco in piuma, o non ha le idee chiare. Quello che fa la differenza tra i materiali isolanti è il filling power o  loft,  ovvero la capacità del materiale di imbottitura di gonfiarsi e quindi intrappolare aria, che è il vero isolante. Ne parliamo QUI
L
a piuma, o meglio il piumino (che non sono la stessa cosa) ha dalla sua il vantaggio di essere più leggero e comprimibile, quindi, a parità di peso ed ingombro, permettere di raggiungere temperature più basse, quindi, a parità di temperatura, un sacco in piumino sarà più leggero e meno ingombrante, quello si.
Se invece parliamo di piuma, le cose si ridimensionano un po’, i moderni sintetici ad alte prestazioni si avvicinano tranquillamente alle prestazioni delle imbottiture in piuma, quindi la differenza non esiste più.

Di contro, il piumino è un po’ più delicato, nettamente più costoso, e più sensibile all’umidità. Quest’ultimo punto può diventare delicato se si decide di dormire “en plen air”, senza una tenda sopra la testa, in questo caso, un coprisacco impermeabile e traspirante, o un sacco a pelo impermeabile (ne esistono) è quasi d’obbligo, finchè si usa una tenda e non si è esposti direttamente alle intemperie il problema è relativo. A questo punto verrebbe da pensare che, parlando di piumino, un sacco a pelo dotato di membrana impermeabile e traspirante sia comunque meglio, il problema è che, a parità di imbottitura, un sacco a pelo impermeabile è MENO CALDO di uno non impermeabile, questo perchè l’impermeabilità, comunque, riduce la traspirazione e tende ad inumidire l’imbottitura. Tanto per fare un esempio, il medesimo sacco a pelo prodotto da Marmot, il modello “never summer”, ha una differenza di 3° a favore della versione senza membrana impermeabile e traspirante, su altre marche si rilevano differenze anche più consistenti. Quindi, se non dormite all’aperto in inverno, un sacco a pelo con membrana è perfettamente inutile.

Posto quanto sopra, la scelta tra piumino e sintetico, secondo me, è assolutamente personale, entrambi i sacchi possono raggiungere le medesime temperature, se potete permettervi un sacco leggermente più pesante ed ingombrante, se ne trovano di eccezionali in sintetico, se peso e ingombro sono priorità assolute, allora il piumino è una scelta obbligata anche se più dispendiosa. Per quanto mi riguarda, per l’inverno, ho preso un sacco in piuma, con una minima di comfort pari a -18°, ma solo perchè l’ho trovato in offerta ad un prezzo pari al sintetico, altrimenti avrei optato per il secondo. Per l’estate invece ne ho due leggeri, uno in sintetico ed uno in piuma, e direi che sono assolutamente equivalenti, anzi forse il sintetico è un po’ più morbido perchè quello in piuma ha diversi anni di onorata carriera e si è un tantino “sgonfiato”.

sacco alligatore

C’è poi un altro dettaglio, le aziende più “serie” fanno i sacchi a pelo in diverse taglie, un sacco a pelo troppo stretto è maledettamente scomodo, uno troppo grande farà da “polmone” ogni volta che vi muovete riempiendosi di spifferi gelidi, case fanno anche sacchi a pelo “extra large”, se siete particolarmente robusti tenetene conto, già abituarsi ad un sacco a mummia può richiedere un po’ di tempo, se in più ci si è incastrati dentro può diventare veramente fastidioso.

 

 

Nikwax-down-wash

PUNTO TERZO: DUE DRITTE SULLA MANUTENZIONE

Un paio di parole sulla manutenzione, entrambe le imbottiture si possono lavare tranquillamente in lavatrice (il meno Nikwax-down-proofpossibile, e con ciclo delicato), il piumino richiede l’uso di saponi appositi, la cosa migliore è usare due prodotti, il primo per il lavaggio vero e proprio, il secondo per “impermeabilizzare” la piuma, questo non rende impermeabile il sacco a pelo, sia chiaro, rende solo idrorepellenti le singole piume che così sono meno sensibili all’umidità. Personalmente ho sempre usato i prodotti nikwax, questo per lavare e questo per trattare le piume dopo, ma sul mercato se ne trovano diversi e tutti piuttosto validi. Per il solo lavaggio va bene anche il normale sapone di Marsiglia liquido. Sia per il piumino che per il sintetico, io evitato di usare ammorbidenti e ripeto il risciacquo due volte.

Quando si toglie il sacco a pelo dalla lavatrice, soprattutto se è in piumino, si trova l’imbottitura completamente impaccata negli angoli, questa cosa fastidiosa può essere ridotta buttando qualche palla da tennis nel cestello della lavatrice.
Una nota riguardo all’uso dell’asciugatrice, non è vietato ma è bene attenersi scrupolosamente a quanto prescritto da ogni fabbricante, il rischio è quello di mandare in vacca il vostro splendido sacco a pelo. Nel dubbio io evito e lo faccio asciugare all’aria.

Infine una nota riguardo a come mettere via i sacchi a pelo, tutti. Quando non li usate evitate di tenerli schiacciati nella loro sacca, restare sempre e costantemente compressa, magari per mesi, non fa bene a nessuna imbottitura. Teneteli in un cassetto insieme alle trapunte, o in un saccone in cotone, i più belli vengono già forniti con un sacco in rete fatto apposta. Quando invece dovete riporlo nella sua sacca per trasportarlo, pochi sanno che il sistema più facile non è arrotolarlo: in genere ci si trova in mano un krapfen da 50cm di diametro che dovrebbe entrare in una sacca da 25; la cosa più pratica è chiuderlo, prenderlo dal fondo e schiacciarlo un po’ per volta all’interno della sacca, le prime volte sembra impossibile, ma con un minimo di pratica entra con facilità (non fate battute, bestie!), così facendo si evita anche di piegare le cerniere sempre negli stessi punti, allungandone la vita.

LedLenser H7.2 fiat lux

Una cosa che non doverbbe MAI mancare nell’attrezzatura di un viaggiatore in moto è una buona pila e, secondo me, oggi, niente supera in termini di praticità la frontale, permette di avere le mani libere se si deve lavorare e, le più potenti, possono addirittura sostituire il faro della moto in condizioni di emergenza (si prega che non succeda mai, ma se dovesse succedere…)

P1040287Le prime lampade frontali con cui ho avuto a che fare erano degli accrocchi ingombranti, pesanti e con un rendimento relativamente basso, la mia prima è stata una gloriosa Petzl Zoom con un riflettore grosso come una tazza per la colazione davanti ed una batteria piatta da 4,5V dietro, praticamente si girava con tre etti di roba sulla testa, la potenza era modesta e la durata anche. Le cose in termini di potenza miglioravano un po’ installando una lampadina alogena, ma la durata della batteria crollava drammaticamente.
L’avvento dei led ad alta efficienza ha cambiato radicalmente le cose, le frontali moderne raggiungono potenze in lumen altissime, senza andare su P1040288eccessi da 4500 Lumen per un prezzo di oltre mille dollari (si, esiste veramente), con qualche decina di euro si prendono lampade che superano agevolmente i 250 lumen (tanto per fare un paragone MOLTO a spanne, un led da 250 lumen fa la luce di una lampada ad incandescenza da 25watt, non mi insulti chi ne sa di illuminotecnica, è solo per dare un’idea) con durate superiori a quelle che si ottenevano usando modeste lampadine ad incandescenza, inoltre tutte le moderne lampade a led hanno la possibilità di regolare l’intensità del flusso luminoso, prolungando così la vita delle batterie fino a diverse decine di ore.

 

P1040282

Grazie alla disponibilità di Marco della Coltelleria Scintilla e del signor Conchieri di Led Lenser Italia l’argomento di oggi è la pila frontale Led Lenser H7.2 con il kit batteria ricaricabile della H7R.2.
La H7.2 ha una potenza massima di 250 lumen, non è estrema ma, ha una portata massima dichiarata di 250 metri, diciamo che forse il valore è un po’ ottimistico, ma la luce è davvero tanta e con un bel fascio ampio ed uniforme; l’ampiezza del fascio è regolabile ruotando la ghiera grigia intorno alla lampada, svitandola il fascio si concentra; l’alimentazione “di serie” è assicurata da quattro batterie AAA (mini stilo) che, secondo il produttore garantisce fino a 60 ore di luce (ovviamente non alla massima potenza).La regolazione della potenza avviene in continuo ruotando la rotella posta sul pacco batterie, la stessa rotella permette di selezionare tre “programmi” diversi, vediamo se riesco a rendere la cosa comprensibile perchè, tanto è semplice in pratica, quanto è un delirio spiegarla.

retroTenendo premuta la rotella posteriore per 5 secondi, si può passare da un programma all’altro, il cambio di programma è segnalato da uno, due o tre lampeggi, rispettivamente per il primo, secondo e terzo programma.
Il primo programma si chiama “Easy low”, al momento dell’accensione la lampada è al minimo della potenza, con un secondo click del tasto di accensione si seleziona la luminosità più alta e tenendo premuto il tasto di accensione per circa tre secondi, si entra in modalità boost, in cui la lampada eroga tutti e 250 i lumen disponibili

Il secondo è il programma “Easy power”, che fornisce la potenza massima all’accensione, la minima al secondo click, ed il solito booster tenendo premuto.
La terza modalità è quella più particolare, la lampada all’accensione è al massimo della potenza, al secondo click si mette a lampeggiare in modalità strobo per segnalazione e successivamente il boost come nelle altre modalità. Il boost è volutamente tenuto “separato” dalle altre modalità perchè riduce parecchio la durata della batteria ed il led potrebbe surriscaldarsi, è bene quindi usarlo solo quando si la necessità vera di un fascio di profondità, altrimenti la modalità power “normale” è più che sufficiente.

Un interessante upgrade per chi viaggia in moto, è il pacco batterie ricaricabile, questi va a sostituire semplicemente le 4 mini stilo senza nessuna modifica, ha un amperaggio di 1400mAh che dovrebbe garantire una durata un po’ maggiore rispetto alle normali batterie alkaline, che hanno un amperaggio pari a 1200mAh, la ricarica avviene attraverso la presa microUSB già presente sull’alloggiamento delle batterie. Ovviamente è possibile ricaricare sia da una presa a muro che dalla presa a 12V di un veicolo.

  ATTENZIONE , se si decidesse di usare batterie AAA ricaricabili, è sconsigliabile utilizzare la presa microUSB per ricaricarle direttamente nella pila, in commercio ne esistono di diversi tipi, diversi amperaggi e non è detto che il circuito non si rovini.

Isolamento, impermeabilità, traspirazione… un po’ di chiarezza

Visto che, finalmente, sembra stia smettendo di piovere a favore di un bel freddo tonificante, vorrei riprendere l’argomento “abbigliamento invernale” che avevo già trattato QUI, e parlare un po’ di membrane ed imbottiture.

Giusto poco fa, leggevo una discussione su Facebook nella quale qualcuno sosteneva che il goretex “è impermeabile e traspirante ma, a causa di questa sua peculiarità, non è adatto a proteggere dal freddo”; più giù qualcuno sosteneva che col goretex ci si bagna “se non si mette una vera membrana impermeabile sotto” e più giù ancora che “il meglio è la cerata”.
Direi che c’è un po’ di confusione, soprattutto perchè impermeabilità ed isolamento sono due cose totalmente diverse.

L’impermeabilità, come è facile intuire, è la capacità di non far passare l’acqua da un lato all’altro di una membrana, quando l’impermeabilità è assoluta, non passa nemmeno il vapore.
L’isolamento è la capacità di mantenere una temperatura costante al variare della temperatura esterna.

Il miglior isolante che esista è l’aria ferma ed asciutta, ecco perchè i capi più isolanti sono quelli che riescono a trattenere più aria. Una imbottitura di buona qualità, occupa un sacco di volume con una minima quantità di materiale, nel caso delle imbottiture sintetiche si misura il peso al metro cubo, nel caso del piumino si usano i CUIN (CUbic Inches), che indicano il volume, in pollici cubi, di un’oncia di piuma, sono due unità di misura opposte ma che misurano esattamente la stessa cosa: quanta aria riesce ad intrappolare una certa quantità di imbottitura. Imbottiture di scarsa qualità sono dense, pesanti, ed hanno dentro pochissima aria, quindi isolano poco.

CUINIl miglior impermeabile che esista, è la plastica, o il tessuto cerato, o spalmato, comunque a tenuta stagna

Il problema è che spesso l’impermeabilità va a scapito della termicità.
E questa è la cosa che crea più disorientamento, come può un tessuto più impermeabile essere meno termico di uno addirittura NON impermeabile? Semplicemente perchè oltre all’umidità esterna, c’è quella interna, noi sudiamo, sempre, comunque, anche restando fermi, anche se fa freddo. Magari sudiamo meno, ma la traspirazione corporea avviene SEMPRE, e quando la traspirazione incontra uno strato esterno impermeabile e freddo, ci si condensa sopra e da vapore si trasforma in acqua. E siamo bagnati…

A questo punto entrano in gioco le membrane traspiranti, Gore-Tex, Sympatex, Drytex, H2Out, sono tutti marchi commerciali che indicano tessuti che -nelle intenzioni del

proprietatessutiproduttore- tengono fuori l’acqua e fanno uscire il vapore in modo da evitare che si formi condensa.

Quindi no, il goretex non tiene caldo, ma perchè non è nato per tenere caldo, è nato per tenere asciutti e per evitare condensa.
E le cerate? Le cerate NON sono “più termiche del Gore-Tex” (o di qualsiasi membrana), sono semplicemente più impermeabili, l’impermeabilità di un tessuto si misura in mm di acqua, ovvero l’altezza della colonna d’acqua (e quindi del peso, e della pressione, della medesima) che il tessuto può sopportare prima di iniziare a farla trafilare. Una cerata, o una ipotetica giacca di plastica, ha teoricamente una impermeabilità assoluta, una membrana traspirante è inevitabilmente “meno” impermeabile, parliamo comunque di colonne d’acqua talmente alte da potersi considerare comunque a tenuta anche quando, viaggiando in velocità, l’acqua sbatte sul tessuto conforza e quindi con una pressione maggiore della semplice pioggia. Il problema delle cerate è che non traspirano NULLA e quindi torniamo al problema della condensa, spendiamo un cifrone di abbigliamento intimo ultra tecnico, che allontana il sudore dalla pelle, lo trasporta all’esterno, tiene asciutti, non puzza e ci fa anche due coccole, e poi il sudore trasportato all’esterno dalle fichissime mutande tecniche, si scontra con la cerata, condensa, e voilà, palle in umido.

Quindi, a mio modestissimo giudizio, la cerata è superiore solo in un caso: quando si debba guidare per ore ed ore sotto l’acqua battente, e solo per evitare di trovarci con l’esterno del completo fradicio, pesante dodici Kg, e che ci mette tre giorni ad asciugare. Per il resto, una bella membrana, con sotto una bella imbottitura è sempre migliore.

E vorrei aggiungere due righe riguardo al windstopper, che secondo alcuni è il non plus ultra da portare sotto al completo in cordura. Mi spiace, ma non serve assolutamente a nulla di più di un buon pile, anzi è meno caldo: il windstopper, come dice il nome, ha una membrana antivento laminata al pile che serve a fermare l’aria, per leggera e sottile che sia, anche lei riduce la traspirazione. Quindi, considerato che abbiamo GIA’ addosso uno strato (anzi, coi completi invernali spesso tre) che è perfettamente antivento, che senso ha metterne un quarto sotto, quando lo stesso effetto isolante, o addiruttura migliore, si ottiene con un semplicissimo pile?

Lo stato dell’arte.

1747 Tekno N 1Se non fosse per la versione con gli inserti giallo fluo, che sono un po’ il marchio di fabbrica di Clover, guardando il completo Tekno verrebbe in mente la frase “Ogni cliente può ottenerne una colorata di qualunque colore desideri, purché sia nero” (H. Ford).

Il Tekno è serio, essenziale, quasi minimalista, non ha tasconi applicati, patelle, prese d’aria arrotolabili o soluzioni più o meno futuristiche, non cerca di attirare l’attenzione. Anzi, se non la si osservasse nei dettagli sembrerebbe un completo quasi “povero”, invece andando a guardarla meglio ci si rende conto che siamo di fronte a un capo con degli altissimi contenuti tecnici, e che solo su quelli basa la sua ragion d’essere, come ho scritto nel titolo, secondo me, è lo stato dell’arte nel campo dei completi motociclistici in tessuto.

Iniziamo col dire che la giacca è una delle pochissime giacche interamente omologate a livello 2 secondo la normativa EN 13595, ed il pantalone, a quanto mi risulta, è l’unico sul mercato. Ho scritto “interamente” perchè in commercio si trovano parecchi capi che hanno inserite protezioni omologate a livello 2 ma che, di fatto, non lo sono nella loro interezza in quanto il tessuto non supera i test di abrasione e strappo richiesti dalla normativa e quindi, di fatto, non sono omologati.
Il tessuto della tekno supera il test di abrasione resistendo per oltre nove secondi, per avere un riscontro, la pelle delle tute è intorno ai 4 secondi (e nemmeno tutte), tranne quelle omologate che raggiungono i 7, valore minimo per ottenere l’omologazione.

mesh3DMi hanno prestato un completo Tekno per un paio di settimane e, al solito, faccio le mie personalissime considerazioni, la prima impressione, appena indossata la giacca, è “madonna se è rigida”, il tessuto esterno ha una mano piuttosto pesante e, inoltre, è interamente foderato in rete 3D e la sensazione indosso è abbastanza strana. Secondo me è più simile al peso di un capo in pelle che di quello in tessuto, di sicuro la sensazione di protezione è favolosa, e l’isolamento anche; non essendo riuscito a provarla col caldo, non mi pronuncio in merito. Ho provato ad aprire le prese d’aria ed ho avuto freddo, questo è certo, di più non so. Secondo Clover, la rete 3D dovrebbe contribuire a distribuire l’aria che entra dalle prese evitando l’effetto “coltellata gelida” solo dietro la presa d’aria.
Con l’imbottitura inserita invece, la giacca diventa una vera corazza, in realtà il peso vero e proprio non è di molto superiore a quello di qualsiasi altro capo in cordura a tre strati, ma tra tessuto pesante, rete 3D, membrana e fodera termica non si sente un millimetro di vuoto, la giacca aderisce come un guanto, non fa sbuffi, pance o pieghe, vale quanto detto sopra riguardo alla giacca di pelle, qui sembra di avere indosso una tuta da pista, bisogna farci un attimo l’abitudine ma a me la sensazione è piaciuta.

tekno_fangoQuello che invece ho trovato forse eccessivo è l’isolamento, per le temperature a cui l’ho provata (mai sotto zero, al massimo un paio di gradi sopra), l’imbottitura per me era troppa roba, al punto che mi son ridotto a girare in maglietta ed infilarmi frettolosamente il pile appena mi fermavo e toglievo la giacca. Quindi ho praticamente sempre usato solo lo strato esterno con la membrana inserita, senza imbottitura termica. Ovviamente esistono anche le temperature sotto lo zero, ed esistono anche persone più freddolose di me (io sono la dannazione della mia compagna, voglio le finestre aperte in camera da letto anche in gennaio), quindi quello sopra è un giudizio che lascia il tempo che trova.

Tasche ce ne sono un’infinità, 8 di cui 6 a tenuta stagna, tutte piuttosto aderenti, meglio quindi evitare di metterci grossi mazzi di chiavi o roba ingombrante e spigolosa, il massimo che ci sta è una macchina fotografica compatta, un cellulare o il portafogli. Parlandone con Clover, la risposta è stata “se cadi ed hai in tasca qualcosa, ti fai del gran male”, nulla da eccepire.

Belli anche i pantaloni, qui stavolta l’essenzialità è al limite, due tasche laterali stagne, due prese d’aria e stop, in compenso hanno le bretelle, la vita è bella alta e la possibilità di giuntarli alla giacca con una cerniera decisamente lunga rendono l’insieme assolutamente a prova di spiffero invernale, anche i pantaloni sono omologati a livello 2 quindi valgono le stesse considerazioni sullo spessore del tessuto fatte riguardo la giacca.

Un’ultima nota riguarda il prezzo del completo, sicuramente non è regalato, ma è assolutamente allineato (anzi, in diversi casi nettamente meno costoso) dei capi top di gamma di tante altre ditte che non presentano l’omologazione e, in alcuni casi, nemmeno una qualità lontanamente paragonabile a questa, e parlo di marche ritenute al top sul mercato.
E sempre restando in tema di prezzi, è anche meno cara della diretta concorrente omologata livello 2 (la spidi ergo 365 expedition, che costa un buon paio di centini di più).

 

Parkinson? No grazie…

Estate, tempo di caschi da offroad, cupolini bassi (almeno per me) e… becche che vibrano.
E’ un fenomeno che dipende dalla combinazione di almeno tre fattori:
Forma della becca
Altezza del cupolino
Altezza del pilota

A molti penso sarà capitato questo fastidioso fenomeno, a partire da una determinata velocità, l’aletta parasole dei caschi da offroad o di quelli dual sport (quelli con la becca e la visiera, per intenderci tipo givi tourer, x-lite 501 o arai Tour-X) innesca una fastidiosa vibrazione che può addirittura arrivare a far tremare il casco, e in ogni caso, dopo tre ore di autostrada rincoglionisce completamente.

Proviamo a dare una spiegazione aerodinamica della cosa, partendo dal presupposto che io NON conosco l’aerodinamica e me la sono fatta spiegare a mia volta.

Quando l’aria corre lungo una superficie, in questo caso la becca del casco, nel flusso di aria più vicino alla plastica si creano delle turbolenze che, quando si staccano dalla becca, innescano una vibrazione, tante minuscole turbolenze, innescano tanti minuscoli vortici, e alla fine ti sembra di avere il parkinson.

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In alternativa alle soluzioni più drastiche come cambiare cupolino, cambiare casco, cambiare moto, tagliarvi un pezzo di collo, ieri ne ho provata una che si è rivelata sorprendentemente efficace; l’idea era inventare qualcosa che “staccasse” il flusso di aria dalla superficie della becca in modo da eliminare le turbolenze, ovviamente senza per questo rovinare l’aerodinamica del casco, e possibilmente in modo esteticamente decente. La cosa si è rivelata più facile del previsto… un pezzo di profilo in gomma per portiere delle auto, ha una sezione abbastanza aerodinamica, uno spessore sufficiente a modificare il flusso e, soprattutto, si applica in un attimo senza nessun tipo di modifica irrversibile.

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Il primo collaudo su strada statale aveva lasciato ben sperare, stamattina la prova in autostrada, fino a 130 fissi, montando un cupolino più basso di 4 dita rispetto all’originale, rimane solo qualche residua leggera vibrazione passando in scia delle auto o dei camion, ma rispetto a prima la situazione è migliorata in maniera impressionante e, dai, non fa nemmeno così schifo esteticamente, si nota poco, e i profili si trovano nei negozi di autoaccessori in colori diversi.

Inoltre, applicandolo anche sul casco della morosa, quando capita che mi dia una craniata, non si sente più il fastidioso STOCK di plastica contro plastica!

GIVI X.08 X-MODULAR, due righe a proposito.

GIVI X.08 X-MODULAR, due righe a proposito.

Premesso che non amo i modulari, visto che un amico chiedeva info in merito alla categoria e sono riuscito ad averlo in prestito per qualche giorno, ne approfitto per scrivere qualcosa sull’attrezzo in questione.

Perchè non amo i modulari? Perchè, secondo me, il casco la faccia la deve riparare, punto. Quindi la possibilità di alzare la mentoniera non la trovo di alcuna utilità e rende il casco inutilmente più pesante e macchinoso, se voglio prendere aria, alzo la visiera.

L’unica comodità che ho trovato è la possibilità di fare fotografie con una reflex, che non ha il liveview, senza toglierlo. Ma direi che è un vantaggio da poco, soprattutto perchè sono rimasto uno dei pochi barboni ad avere una reflex senza la possibilità di scattare guardando il display invece del mirino.
Cercherò comunque di essere il più obiettivo possibile, il casco in questione è questo:

http://www.givi.it/Caschi/MODULARI/X.08%20%20X-MODULAR

Peso, taglie, caratteristiche, trovate tutto li, al solito non sto a riscrivere e vado al dunque.
Ho potuto farci un paio di centinaia di Km, dalla città all’autostrada, la cosa che mi ha colpito di più è l’assoluto isolamento dall’aria, il deflettore sotto al mento lavora davvero bene, non ci sono spifferi di nessun genere nemmeno alla base del collo, e questo è bene.
Per contro, se uno come me è abituato a sfilare un casco integrale, lo stesso deflettore cerca di scardinarti il naso ogni volta. Basta aprire il casco prima di toglierlo ed il problema non si pone, d’altronde, se è un modulare, perchè non modularizzarlo?
Gli interni sono comodi, è completamente sfoderabile e, rispetto al mio X.01 tourer trovo calzi appena più stretto, pensavo fosse dovuto al fatto che questo era nuovo, ma anche la parte superiore meno imbottita è più fasciante, quindi non credo sia dovuto all’uso, as usual, il casco è sempre da provare, comunque direi che, come forma, si avvicina più ad arai che a shoei, per citare due marche “di riferimento, io shoei non riesco ad indossarlo mentre con arai mi trovo bene.

L’apertura è comoda, a patto di premere BENE a fondo il tasto, altrimenti ci si potrebbe trovare a litigare un po’, lo scatto che blocca la visiera in posizione sollevata invece è piuttosto duro, è una sicurezza in più, ma le prime volte si rischia di non spingerla completamente indietro.

Questo è il primo modulare che provo e pensavo che, andando in giro a mentoniera alzata, l’effetto vela fosse molto più forte, a velocità normali invece non ho notato grande resistenza, ovviamente non ho provato a velocità tangenziale/autostrada, andare a 130 con un casco aperto, secondo me, è invogliare il primo moscone nei paraggi a piantartisi sui denti e, se non fosse che fa una brutta fine, farebbe anche bene, te lo meriti 😀
Il visierino parasole ha una bella estensione, solo abbassando lo sguardo per guardare gli strumenti il bordo interferisce un po’, non che li renda illeggibili o dia fastidio ma c’è e si vede. In compenso, sempre a velocità “umane” si può girare tranquillamente a visiera alzata senza turbolenze. Comodo il rientro a molla, più veloce dei sistemi a cursore (Tipo quello dell’X.01 TOURER), basta toccare il pirulo e “BOING” la visiera salta su in un attimo. Mi è piaciuto anche se, abituato al tourer, le prime volte ho fatto un po’ fatica a trovare il suddetto pirulo. Abitudine.

La visiera appanna un po’ quando fa freddo e si viaggia a prese d’aria tutte chiuse, assolutamente non come altri caschi che ho avuto che costringevano a girare a visiera aperta, ha comunque un primo scatto per l’antiappannamento ed è predisposta per il visierino pinlock che, sempre a mio modestissimo giudizio, è l’unico sistema veramente efficace e definitivo per risolvere il problema della condensa. Proprio questo primo scatto fa un sonoro “CROCK” quando viene aperto, cosa che tutte le altre posizioni intermedie della visiera non fanno.

Le considerazioni su aerodinamica e silenziosità sono sempre condizionate al tipo di moto, al parabrezza, all’altezza ed alla posizione in sella, prendetele quindi con beneficio d’inventario:
L’X.08, sul KTM adventure col cupolino di serie, non è un casco silenzioso, la sporgenza del meccanismo di rotazione crea una turbolenza rumorosa piuttosto sonora, provando ad abbassare la testa dietro al cupolino (che sulla MIA moto non è una posizione naturale, ma almeno simula un po’ l’uso di un parabrezza più alto tipo il touring), la rumorosità diminuisce un po’, ma resta comunque (ovviamente) più rumoroso di un integrale. Sarebbe da provare su una moto con una protezione più turistica, se qualcuno l’ha fatto e vuole dire la sua, mi fa piacere.
In compenso la stabilità è buona, anche restando in scia ai camion in autostrada, non si sentono scuotimenti che sono avvertibili con alcuni altri caschi (integrali compresi)

Ultima nota, la visiera, aperta al primo scatto, sulla mia moto e col mio cupolino, vibra, la cosa curiosa è che basta spostare un pelo il casco e la vibrazione smette, non si ripresenta nemmeno guidando in piedi oltre i 100Km/h col casco completamente scoperto. Probabilmente ho una sfigatissima turbolenza che va a crearsi esattamente in quel punto.

Conclusioni, lo prenderei? No, come non prenderei un modulare di nessun’altra marca, a prescindere da qualsiasi considerazione, ma per una mia scelta personale.

Lo consiglierei? Si, se uno vuole un modulare ben rifinito, con alcune soluzioni interessanti, completamente sfoderabile, e con un rapporto qualità/prezzo eccezionale (meno di 200 euro di listino, e con sostanziosi sconti cercando un attimo), sicuramente lo consiglierei.

abbigliamento tecnico SIXS, fu vera gloria?

Il 3 dicembre, nell’articolo “L’abbigliamento, o meglio, cosa c’è sotto”, sentenziavo solennemente che, a mio giudizio, il materiale migliore come primo strato è la lana merino.

il 29 dicembre, Marco Dall’Olmo di SIXS mi scrive:
dopo avere letto con interesse l’articolo del suo blog che parla di prodotti intimi tecnici , il desiderio di poter tentare di farle cambiare idea è irresistibile !!
Certamente anche se il legno è il materiale naturale da costruzione più elastico e duttile, non si può negare che le prestazioni dell’acciaio consentano di superare i limiti dell’impiego del legno .

Allo stesso modo ci piacerebbe dimostrarle che le elevate performances della lana in quanto a “isolamento termico” vengono superate da una struttura tessile moderna che consenta di mantenere la pelle asciutta in tutte le circostanze e il capo parimenti asciutto. Ovviamente in combinazione con un adatto “secondo strato” .”

SIXS-indossato[1]

Dopo diverse peripezie con un corriere palesemente minorato, ecco quindi arrivarmi un bel cartone contenente: una t-shirt TS1 due maglie leggere a maniche lunghe TS2 e TS13, due sottocaschi WTB e WTL, maglia e pantaloni della serie “winter tourism” full WTJ e WTP, un paio di sottoguanti GLX e un paio di calzini MOT S.

Come al solito per la parte strettamente tecnico-descrittiva rimando al sito SIXS, io parlerò più delle mie impressioni, iniziando dalle conclusioni.
Mi hanno fatto cambiare idea? Si.
Hanno effettivamente le performances promesse? Anche si.
Quindi basta con la lana merino? Ehm…

Perchè “Ehm”? Perchè paragonare i prodotti sixs alla lana merino “comune” è come paragonare Porsche e Volkswagen, fanno entrambe automobili, automobili di ottima qualità, ma appartenenti a segmenti nettamente diversi. Si tratta di un prodotto che effettivamente non avevo mai provato, SICURAMENTE superiore a qualsiasi filato sintetico mi sia passato per le mani e mette in secondo piano anche la lana, ma la fascia di prezzo è quella dei prodotti al top.

Comunque tralasciamo le considerazioni economiche e descriviamo un po’ ‘sto prodotto, tra impegni di lavoro, universitari e tempo orrendo, non sono riuscito ad usarli in moto quanto avrei voluto, qualche uscita però l’ho fatta, e anche in condizioni sicuramente non ottimali, sia fuoristrada che usando la moto come mezzo di trasporto in abiti civili. Inoltre ho approfittato del maltempo per fare qualche uscita in montagna e per scalare un po’ in palestra.
I capi più leggeri (le maglie della serie TS) appena indossati danno una sensazione curiosa, il tessuto non è ne freddo ne caldo, prende esattamente la temperatura corporea e la mantiene anche sudando parecchio, il taglio estremamente aderente fa sentire “fasciati”, un po’ come i capi a compressione graduata che vanno tanto di moda adesso nell’abbigliamento sportivo; io l’ho trovata una sensazione gradevole, se non fosse per la sensazione di isolamento termico, ci si potrebbe dimenticare di indossare una maglietta, non si sentono cuciture, pieghe, qualsiasi altro capo indossato sopra scivola senza problemi. In sostanza la vestibilità è ottima, da questo punto di vista la lana è nettamente superata perchè, essendo meno elastica, capita che si arrotoli o si sposti, e con l’uso l’elasticità tende a diminuire ulteriormente facendo allargare il capo. Le maglie che sto usando adesso non hanno alle spalle sicuramente decine e decine di lavaggi, ma in alcuni mesi sono passate in lavatrice diverse volte, e una volta, per sbaglio, anche in asciugatrice nonostante sull’etichetta sia sconsigliato. Nessun cambiamento apprezzabile, le maglie sono perfettamente aderenti come appena tolte dalla scatola.

La prima uscita fuoristrada l’ho fatta per provare a girare qualche spezzone video piazzando delle telecamere lungo il percorso, pioveva, c’era fango, e si è trattato di un lavoro di “fermati-metti la telecamera-riparti-gira la moto a mano-riparti, rifermati, recupera la telecamera-gira la moto-riparti” un continuo tira-spingi-viaggia sotto la pioggia e nel fango, il risultato è stata una sudata EPICA con una temperatura esterna intorno ai 5°, alla fine i video sono risultati una porcata irriproducibile, ma se non altro sono rimasto caldo ed asciutto. Anche in questo caso la lana è stata superata non tanto per una questione di termicità (secondo me paragonabile), quanto per il fatto che la lana, quando si inumidisce, diventa “molle” e se usata come strato intimo tende a fare pieghe e grinze che alla lunga danno fastidio.

er-tourism-Full-Winter-Tourism-Jacket-traspirante-termoregolante-sudore-protegge-dal-freddo-moto-sci-sport-neve-six-original-carbon-underwear-indossata[1]Della linea winter tourism sono riuscito a collaudare “bene” solo la maglia full WTJ, sia girando in moto sia come felpa leggera per andarci in giro, il taglio è assolutamente “civile”, a differenza dell’intimo che ha una trama particolare e loghi abbastanza vistosi, questa è tutta nera con solo un piccolo logo quasi invisibile sul collo. L’apertura sul collo, con la cerniera inclinata verso la spalla sinistra, l’avevo già provata su altre felpe, è particolarmente comoda sotto alla giacca da moto invernale; capita infatti che tra la cerniera della giacca, quella della fodera impermeabile della medesima, e la cerniera del colletto della maglia, sotto al mento si formino sgradevolissimi grumi metallici di cursori e cuciture, averne una in meno fa sempre piacere, inoltre il cursore è protetto da un risvoltino in pile, la cura dei dettagli è sempre una bella cosa. A voler essere particolarmente pignoli io ho trovato il colletto un filo troppo stretto, ma è un problema che mi si presenta spesso anche con le camicie, qualcuno sostiene che possa essere io ad avere il collo grasso. Smentisco categoricamente, sono sicuramente muscoli. La maglia isola molto più di quanto il peso possa lasciar supporre, stamattina sono uscito con una bella giornata di sole, la temperatura era intorno ai 12°, nel pomeriggio, come troppo spesso sta succedendo, ha iniziato a piovere e la temperatura è scesa intorno ai 4° e, comunque, con questa e la TS1 sotto, non ho avuto problemi di freddo. Abbinandola ad una maglia a maniche lunghe tipo la TS1 penso si possa girare senza grossi problemi fino agli 0°, per temperature più basse, aggiungerei uno strato, tipo un gilet in pile SOPRA la full WTJ.

Dei pantaloni posso solo dire che sono abbastanza aderenti da non creare fastidiosi effetti “pannolone” ma non tanto da strizzare i gioielli di famiglia come succede con qualche sottopantalone studiato per altri sport che non si praticano in posizione seduta (tipo alcune calzamaglie da fondo o da ciclismo), mi riservo di provarli meglio nel giro di poco tempo.

Dei due sottocasco, per ora, ho sfruttato solo il WTB, quello con la parte inferiore antivento, bello, aderentissimo, senza cuciture ed abbastanza sottile da non dare fastidio nemmeno sotto a caschi piuttosto stretti (provato sia con l’X-lite 501 che calza decisamente stretto, che con il GIVI Tour X-01 che ha una calzata più abbondante. Il collo è disegnato molto bene, non crea fagotti con il cinturino del casco, ed è tagliato più corto sulla parte posteriore in modo da non interferire col casco, tutta questa aderenza si ripercuote un po’ sulla comodità nel metterlo e toglierlo, l’imboccatura è infatti un tantino stretta e bisogna tirare un po’. Considerato che è un capo da turismo, si suppone di non metterlo e toglierlo ogni dieci minuti, mi sembrava giusto riportarlo ma è un peccato veniale.

glx[1]La cosa che ho trovato ASSOLUTAMENTE SPETTACOLARE sono i sottoguanti GLX, io ho le mani particolarmente grandi e spesso capita che anche i guanti taglia XL mi siano un po’ corti di dita, sopporto quindi malissimo i sottoguanti classici con cuciture, li uso se ci sono costretto, ma appena posso me ne libero. I SIXS hanno le cuciture che sono veramente inavvertibili e me li sto godendo tantissimo, inoltre, a dispetto dello spessore minimo, hanno anche un’ottima termicità… e ci funziona il touchscreen del telefono, così mi basta togliere solo i guanti!

Ah, a titolo di curiosità ho sfruttato tantissimo la t-shirt TS1 nell’uso quotidiano, l’ultimo hard test è stato indossarla sotto ad una maglia a maniche lunghe GRIGIA per andare a sostenere il temutissimo esame di diritto penale. Se è riuscita a non farmi fare le pezze, in un’aula riscaldata, mentre me la facevo sotto discutendo l’orale, vuol dire che va DAVVERO bene! 😀

Conclusioni? Si, i prodotti SIXS a mio giudizio sono effettivamente prestazionalmente superiori alla lana, se poi parliamo di prodotti in lana di marche blasonate, vincono a mani basse perchè i prezzi sono più o meno allineati, se invece li paragoniamo a prodotti di fascia bassa, allora penso che la lana abbia ancora un rapporto qualità/prezzo migliore, a patto di accettare una durata nel tempo nettamente inferiore (ho magliette che si sono strappate o sformate nel giro di pochi mesi di utilizzo, al punto di essere diventate impresentabili anche se ancora utilizzabili) ed una vestibilità meno comoda.
Per un uso regolare e “impegnato”, penso sia diventato il mio nuovo marchio preferito

Chi ha orecchie per intendere…

_MG_3938Correva l’anno 1981 o giù di li, mia sorella, giunta all’età di circa tre anni, aveva bisogno di uno spazio un po’ maggiore rispetto alla culla messa in roulotte d’estate in campeggio, due crudeli genitori decisero quindi che era ora di sbattermi fuori dalla roulotte e mi acquistarono una fantastica tenda canadese marca “Noel”, è stato l’inizio di un amore che dura da più di 30 anni.

alpinismotendaQuindi dopo aver app  rezzato le gioie del motociclismo in inverno, lo step successivo è il mototurismo in tenda. Due cose che rendono i veri cultori delle medesime disprezzati da pressoché qualsiasi esemplare di sesso femminile appartenente alla razza umana (i cani e le formiche in campeggio si divertono un sacco, ma portarli in moto è complesso quindi non ne tratteremo in questa sede).

Innanzitutto ritengo sia opportuno differenziare le esigenze di chi fa campeggio stanziale da chi si sposta con maggiore frequenza, i motociclisti in genere appartengono alla seconda categoria e, ovviamente, è sulle esigenze di questi che cercherò di scrivere qualcosa, soprattutto a beneficio di chi di tende non sa assolutamente niente ma vorrebbe provare.

La prima domanda da porsi al momento dell’acquisto di una tenda da campeggio è “di quanto spazio ho bisogno?”, le tende vanno da cose poco più grandi di un loculo, nelle quali si sta sdraiati da soli E BASTA, fino a veri e propri tendoni da circo, con più camere e nei quali si sta in piedi; queste ultime in genere sono troppo grandi per essere caricate su una moto (anche se ho visto gente riuscirci), quindi direi che il range utile va dalle monoposto fino alle 3 posti, in tutte le varianti offerte dal mercato. Sta all’utilizzatore decidere se gli basta un posto in cui dormire, lasciando fuori tutto il resto, se necessita dello spazio per i bagagli, per un eventuale compagno di viaggio o addirittura per i bagagli E il compagno di viaggio

La seconda domanda è “in quali stagioni penso di usarla?” partiamo dal presupposto che una tenda invernale o “ quattro stagioni” può essere usata senza grossi problemi anche in piena estate, mentre una tenda estiva, in inverno, può essere causa di notti orrende, la differenza più grossa è dettata della costruzione.  Le tende estive hanno ampie pannellature in zanzariera, e non hanno la falda, ovvero quella striscia che dal bordo inferiore della tenda arriva fino a terra, queste caratteristiche consentono un ottima circolazione dell’aria, con tutti i pro ed i contro del caso. Le tende 4 stagioni invece sono dotate di aperture nettamente meno ampie e di falda a terra, il che le rende molto più isolate ma espone maggiormente al rischio di condensa e le rende -ovviamente- meno areate in estate. A mio giudizio, se si pensa di campeggiare anche in inverno, è bene mettere in conto una tenda un po’ più grande del dovuto in ogni caso; se in estate può non essere un problema uscire dalla micro-tenda in mutande per vestirsi, in pieno inverno e sotto un temporale potrebbe essere meno gradevole.

649_1088168921487_3536_n[1]L’ultima -ma non meno importante- domanda è “quanto spazio ho sulla moto?” Su una granturismo con borse, bauletto, portapacchi, e sella del passeggero libera potete tranquillamente caricare un container di roba, l’ingombro diventa quindi un fattore poco importante, viaggiando in due, magari su un enduro con le sole borse e portapacchi, il problema inizia a farsi sentire di più, quindi prevedete in anticipo DOVE e COME sistemare la tenda sulla moto.

La quasi totalità delle tende è a doppio telo, una camera interna non impermeabile, ed un telo di copertura; esiste poi una ristretta famiglia di tende monotelo, si tratta o di prodotti estremamente tecnici, generalmente destinati all’alpinismo, costosissimi e con limiti e vantaggi ben precisi, oppure di tende estremamente economiche. Delle prime parleremo brevemente a fine articolo, le seconde è meglio lasciarle dove sono, in genere sullo scaffale del supermercato. Oltre alla camera, alcune presentano uno o due absidi, ovvero dello spazio tra l’apertura della camera e quella del telo superiore. Utili per riporvi abbigliamento bagnato, scarpe, cucinare e che permettono di tenere la porta della camera aperta quando piove

Non mi soffermerò molto sui materiali, la stragrande maggioranza delle tende è costruita in nylon poliestere, le più grosse differenze si trovano nel materiale del pavimento e della paleria.

I pavimenti possono essere in nylon poliestere o in polietilene, il primo è uguale al materiale del resto della tenda, il secondo ha un aspetto più plasticoso e spesso e si trova in genere su tende di livello più economico, essendo più pesante ed ingombrante. La paleria può essere in alluminio o in vetroresina, il primo è più leggero e più resistente alle basse temperature, la seconda è più pesante e più economica. Personalmente preferisco il primo, oltre che per il peso anche perchè, in caso di rottura, non tende a fare schegge e bordi taglienti come la vetroresina.

Un discorso più approfondito lo merita la struttura, essendo ormai quasi completamente abbandonate le classiche tende canadesi (quelle triangolari delle giovani marmotte), oggi le due grandi famiglie sono quella a tunnel e quella a cupola in tutte le loro varianti. Quelle a tunnel presentano il vantaggio di un migliore sfruttamento dello spazio interno, solo che presentano uno svantaggio per me non da poco, necessitano di essere picchettate alle due estremità per mantenere in tensione il tunnel, non sono quindi autoportanti.

Se questo può non essere un problema in condizioni normali, provoca crisi di nervi paurose quando la tenda debba essere, per qualsiasi motivo, montata sul cemento o sull’asfalto, dove i picchetti non entrano. In questo caso può essere utile avere una scatola di chiodi in acciaio di misura 6 o 8; ovviamente poi bisogna procurarsi o avere un attrezzo con cui piantarli.

229477_1040241603334_6001_n[1]Le tende a cupola invece, avendo la struttura composta da archi incrociati, stanno in piedi anche senza essere fissate a terra; magari non perfettamente tese, magari con gli absidi afflosciati, ma almeno consentono un riparo di fortuna in qualsiasi condizione. La paleria può essere fissata al telo esterno (con la camera appesa) o alla camera interna (con il sovratelo appoggiato), c’è quindi la possibilità di portarsi dietro solamente i pali ed il relativo telo. Tenendo sempre ben presente che la camera interna non ripara dalla pioggia e dagli sguardi di eventuali passanti, mentre il sovratelo non ha il pavimento e quindi si dormirà a contatto con la nuda terra. Il vantaggio è che si riducono drasticamente peso ed ingombro.

Un’ultima categoria comprende le tende automontanti, tipo le quechua 2seconds o quelle con apertura ad ombrello. Le prime hanno riscosso un grandissimo successo ma le trovo piuttosto ingombranti da chiuse, il modello più piccolo diventa un disco da 45cm di diametro ed ospita due persone, le altre sono quasi improponibili da caricare su una moto; quelle con apertura ad ombrello hanno i pali che si piegano mediante un sistema di cerniere e blocchi, ed il telo attaccato permanentemente ai pali stessi, da chiuse ingombrano più o meno come una tenda classica ma sono più pesanti ed in caso di rottura di uno dei giunti può essere veramente problematico fare una riparazione di fortuna.

I prezzi vanno da poche decine di euro fino a ben oltre i mille per i modelli più tecnici da alpinismo. Quando si parla di tende io sono dell’idea che, se si prevede un uso abbastanza regolare, spendere qualcosa in più sia sempre una buona idea. Ovviamente senza andare ad acquistare l’ultimo grido in fatto di materiale da spedizione himalayana, una buona tenda da trekking o da alpinismo, se ben tenuta, fa il suo lavoro per decine di anni. La più vecchia delle mie tre è una Ferrino di gamma alta acquistata circa 25 anni fa, l’unica manutenzione di cui ha necessitato è stata la sostituzione degli elastici interni ai pali.

Ho accennato più su alle tende monotelo, come dicevo sono prodotti nati per quelle situazioni in cui il minimo ingombro e peso sono di importanza vitale, anche a fronte di problemi di condensa ed isolamento termico nullo. Una buona monotelo in goretex costa anche più di mille euro, è minuscola, gelida in inverno e senza aperture per far circolare l’aria in estate. Per fare una notte a seimila metri va bene, per fare campeggio NO. In alternativa ci sono monotelo di fascia super economica, in genere prodotti da supermercato, in questo caso hanno tutti i difetti delle monotelo più tecniche e inoltre ingombrano di più, non traspirano minimamente e, se non ci piove dentro, rischiate di trovarvi comunque col telo che gocciola a causa della condensa. Praticamente sono dei cessi di proporzioni industriali.

649_1088168441475_9468_n[1]A questo punto avete scelto la vostra splendida tenda, provate a montarla appena arrivati a casa, almeno per qualche volta in modo da avere la sicurezza di poterlo fare velocemente in qualsiasi condizione, trovarsi a litigare impigliati in un telo, con un palo piantato in un occhio e l’altro tra i denti, durante un temporale epico, non è affatto bello. Il montaggio è sempre meglio farlo con tutte le cerniere chiuse, altrimenti il rischio di non riuscire a farlo una volta montata è altissimo. E provate anche a piegarla e riporla all’interno della sua custodia in modi diversi. La piegatura “di serie” non è detto che sia quella meno ingombrante, anzi spesso è semplicemente la più veloce da fare in fabbrica ma è possibile risparmiare parecchio spazio. Infine, prima di partire, fate un regalo alla vostra tenda, procuratevi un telo da mettere sotto alla medesima ed usatelo sempre. Ripara da spine, sassolini, sporco, fango e, se serve, offre un minimo di isolamento in più. Può bastare un pezzo di plastica spesso e tagliato della misura adatta, io ho fatto tagliare un pezzo di nylon pesante, tipo quello delle tende per esterni, e gli ho fatto applicare degli occhielli in modo che i pali ci si incastrino a misura.

Ok, avete tutto, la tenda, il telo, la sapete montare al buio senza pila (non ridete, a me è tornato utile), adesso avete due alternative, il camping o il campeggio libero.

Il camping risolve un sacco di problemi, avete infrastrutture, servizi, acqua, luce elettrica e piazzole pulite e spianate, se non avete mai fatto campeggio può essere la soluzione migliore per provare, ma niente secondo me supera il fascino del campeggio libero, se fatto con intelligenza e giudizio.

Una volta deciso dove andare, è utile qualche dritta su dove montare la tenda, scegliete un posto piano o in leggerissima pendenza (in questo caso montate la tenda in modo da avere la testa in alto), fate attenzione che non sia in una conca o in una depressione, anche se poco profonda, in caso di temporale si trasformerà probabilmente in una pozzanghera.

Evitate di montare la tenda sotto agli alberi se minaccia pioggia. Sembra che riparino ma, quando smette di piovere, continuano a gocciolare per delle ore ed il terreno non asciuga; non montatela MAI sotto piante resinose, pioggia o non pioggia, in poco tempo vi troverete col telo coperto di resina toglierla è un macello. Inoltre, pioggia o non pioggia, resina o non resina, sulle piante si posano gli uccellini, e gli uccellini fanno la cacca. A buon intenditor…

Preparate il terreno, controllate di non trovarvi con una radice o lo spigolo di un sasso piantati nella schiena appena vi sdraiate, ripulite bene da rametti, sassolini, cocci, ricci di castagne e qualsiasi altra cosa possa rovinare il fondo della tenda. Sembra un lavoraccio ma alla fine si tratta di guardare bene uno spazio di 3-4 metri quadrati, si fa in un attimo.

Stendete il telo e fate colpo sulle olandesi della tenda a fianco innalzando il vostro accampamento in 5 minuti netti.

E’ sempre cosa buona riporre la tenda asciutta e pulita, questo ovviamente non comporta doversi far venire delle crisi di nervi se proprio non potete farlo, una tenda che resta nel suo sacco umida e sporca il tempo di arrivare a casa non si autodistrugge, perfino per un paio di giorni può sopravvivere senza nessun problema; una volta arrivati però apritela, stendetela e pulitela accuratamente, ASSOLUTAMENTE eliminate gli escrementi degli uccellini di cui si parlava sopra, contengono composti azotati che diventano corrosivi ed arrivano a bucare il tessuto, eliminate insetti, rami, foglie, fango. Eventuali macchie di resina possono essere tolte con olio di oliva, successivamente si elimina la macchia di olio di oliva con un po’ di borotalco o saponaria, si lascia assorbire per un’oretta e si spazzola vigorosamente. Altre grosse manutenzioni non ne servono.
La prossima volta si parla di cosa fare DOPO montata la tenda. No, non con le olandesi.

L’abbigliamento, o meglio, cosa c’è sotto…

alpinismotendaL’abbigliamento tecnico, per qualsiasi attività, è arrivato ad un livello qualitativo tale da permettere di stare bene in qualsiasi condizione, anzi, trovo molto peggio il caldo torrido rispetto al freddo estremo: se ho freddo aggiungo uno strato, mi riparo dal’aria, mi imbottisco di più; se fuori ci sono 42° ho un bel da fare a scoprirmi, oltre al fatto che più di tanto non posso togliere (sia per ragioni di pubblica decenza, sia perchè sono assolutamente contrario all’andare in moto in maglietta e mutande), se la temperatura esterna è più alta della mia temperatura corporea, suderò come una bestia, mi disidraterò e magari rischierò anche di essere meno lucido che al freddo. Solo che l’abbigliamento tecnico, come qualsiasi accessorio “tecnico” appunto, va usato nel modo giusto, la miglior giacca del mondo, con il miglior pile sotto, o il miglior stivale in goretex, possono essere resi inutili da una maglietta o una calza sbagliata.

 Non ci saranno quindi consigli su un modello di giacca piuttosto che un’altra, qualsiasi completo giacca/pantalone di marca anche solo “decente”, garantisce una buona protezione per un uso normale. Se invece decidete di fare il vostro primo elefantentreffen e decidete di equipaggiarvi da zero, mandatemi un messaggio, magari qualche dritta va la posso dare. Cercherò invece di suggerire qualcosa per sfruttare al meglio l’abbigliamento invernale, sono cose che tanti conosceranno già ed avranno sentito mille volte, per altri invece ci può essere qualche novità.

Per quella che è la mia esperienza, aborro le magliette di cotone, sia in estate che in inverno, il cotone è un materiale idrofilo, è vero che assorbe il sudore estremamente bene, ma è altrettanto vero che la sua idrofilia non gli lascia “mollare” il sudore, e quindi il tessuto resta umido a contatto con la pelle. E’ facile immaginare come anche solo uno spiffero minimo di aria, a contatto con l’umido, diventi una lama piantata nella schiena.

Qualche tempo fa c’è stato il boom delle microfibre, ho acquistato kili di magliette tecniche in microfibra, e devo dire che vanno piuttosto bene, assorbono il sudore, asciugano in fretta, volendo ci si pulisce anche bene la visiera del casco; solo che, non so per quale motivo, dopo alcuni lavaggi, se vengono “sudate” e poi lasciate asciugare all’aria, tendono a puzzare di topo morto, durante un viaggio può non essere un problema in due casi:
Se potete fare il bucato spesso
Se ve ne fregate dei rapporti sociali 😀

La mia scelta definitiva ed assoluta, sia in estate che in inverno, è LA LANA! Si, questo materiale rivoluzionario derivante dalla più moderna tecnologia aerospaziale, secondo me è ancora il migliore in assoluto, tiene caldo anche da umida, non puzza, asciuga in un secondo ed isola come niente altro.

merino

Il fatto che sia isolante la rende un materiale fantastico anche in estate, le magliette ultrasottili in lana merino danno, secondo me, una sensazione di benessere migliore rispetto a qualsiasi altro materiale; durante le ultime due estati, per caldo torrido che fosse, ho usato magliette a maniche lunghe di merino, sotto al giubbino estivo traforato, oppure sotto alla pettorina da off, trovandomi bene come con niente altro.

Per le calze vale lo stesso discorso, la calza in cotone è malsana anche in estate, in inverno è malsana e scomoda perchè si inumidisce, quindi via di microfibre o, al solito, santissima lana. Per quanto riguarda le calze però è bene far notare una problematica in più… se sono troppo spesse, sono PIU’ FREDDE! Perchè? Semplice, perchè se comprimono il piede all’interno della scarpa, rallentano la circolazione e fanno avvertire più freddo. Vado in montagna da un po’ di anni (molti più di quelli da cui vado in moto), ed ho visto personalmente un tizio rientrare da un’uscita invernale con le dita dei piedi nere, dopo aver fatto il brillante ragionamento “ieri ho avuto freddo, oggi metto due paia di calze”, quello che ha rimediato è stato un principio di congelamento.

Qualcuno usa il calzino in seta, io tanto lo amo sotto lo scarpone da sci, quanto lo detesto sotto lo stivale da moto, per un motivo semplicissimo, la seta è una fibra estremamente termica, è vero, ed anche estremamente sottile: lo stivale da moto, a differenza di uno scarpone da sci, non ha imbottitura ma solo una fodera, fodera che, essendo direttamene a contatto con la tomaia, si raffredda per colpa dell’l’aria, preferisco quindi avere un minimo di spessore che eviti il raffreddamento per contatto.

Una cosa che i più non notano ma riduce parecchio la sensazione di freddo, è il modo in cui si appoggiano i piedi sulle pedane: se siete tra quelli che tengono appoggiata la punta del piede, probabilmente guiderete con il piede molto o poco flesso, questo rallenta la circolazione, insieme al fatto che lo stivale si piega e facilmente preme sulle dita, se in estate la cosa non si nota, provate in inverno ad appoggiare la pedana a metà della pianta in modo da guidare con il piede perfettamente diritto… secondo me la differenza la notate.

 Infine le mani… che sono forse la parte che causa più sofferenze a chi va in moto in inverno, ho a casa una collezione di guanti con cui potrei aprire un negozio vintage: pelle, goretex, H2Out, neoprene, penso di averle provate tutte, purtroppo i guanti hanno un paio di problemi inevitabili, il primo è che -ovviamente- non possono essere troppo spessi o toglierebbero qualsiasi sensibilità e diventerebbero scomodi, la seconda è che la mano ha una superficie radiante enorme rispetto alla massa che ha, di conseguenza disperde un sacco di calore. Se a questo aggiungiamo il fatto che, salvo minimi movimenti, almeno una delle mani è costantemente inchiodata nella stessa posizione (la destra, ovviamente, quella sul gas) è facilissimo arrivare a dolori lancinanti alle punte delle dita e, a lungo andare, poter avere anche qualche problema più serio alle articolazioni.

Le manopole riscaldate sono sicuramente un piacere, ma non impediscono alla mano di essere interamente esposta all’aria, i paramani da enduro aiutano, moltissimo, ma la soluzione definitiva sono i coprimanopola, si quelli che in genere si vedono sugli scooteroni in città.
In preda ad una botta di pregiudizio, li ho sempre considerati una roba “Non da motociclisti”, finchè non li ho visti montati sulla moto di, nientepopodimenoche…Mr. MARC COMA, esattamente, alla Dakar di un paio d’anni fa, si è vista in giro una foto scattata da Coma stesso, durante una tappa in quota, nella quale si vede il manubrio del suo KTM450 con un bellissimo paio di coprimanopole da scooterista di città. Se le usa lui… 😀

L’accoppiata definitiva sono i coprimanopole e sotto le manopole riscaldate, li si sfocia nella lussuria vera e si riesce a girare in inverno con i guanti estivi o poco più.

Una cosa che è utile conoscere quando si gira in moto con temperature basse è il fenomeno del wind chill, ovvero il raffreddamento dovuto all’azione del vento (e ovviamente dell’aria che ci investe durante la marcia), per avere un’idea di quanto questa cosa incida, basta ricordare che a 80Km/h una temperatura di 10° (quindi accettabilissima) viene percepita come una temperatura pari a 4°, e la diminuzione non è lineare, 0° a 80Km/h vengono percepiti come -10°, e se andiamo a velocità autostradali (130Km/h) abbiamo una temperatura percepita di -12°, e dodici sottozero iniziano ad essere davvero pochi…
La cosa più importante in assoluto è quindi SEMPRE ripararsi il più possibile dall’aria. Quattro maglioni uno sopra l’altro, riparano meno di un antivento leggero sopra una maglietta termica.

Non ho volutamente parlato di abbigliamento riscaldato elettricamente, non ne ho, non l’ho mai provato e non ne ho mai sentito il bisogno, chi lo usa ne è entusiasta, chiedete a lui.

cascopioggia

La pioggia invece è un problema a parte, ovviamente parlo sempre in base a quella che è la mia esperienza, ma anche il miglior completo in goretex, della marca più blasonata, in caso di pioggia veramente forte o che duri tanto tempo DEVE essere insacchettato in una bella tuta antiacqua, possibilmente monopezzo. Non fosse altro che per non essere costretti a tenersi indosso la giacca con l’esterno fradicio quando smette di piovere. In questo caso sono ammesse anche le soluzioni di fortuna…