Riassunto di un weekend fresco.

Cosa c’è di bello nell’andare in moto a passo d’uomo su una lastra di ghiaccio, nel litigare con i guanti talmente rigidi che non pieghi le dita, la visiera da cui non vedi fuori?
Nell’arrivare in un posto dove c’è un metro di neve, scavare una buca per montare la tenda sotto un vento che ti porta via, con dieci gradi sottozero?

11009219_513777678760121_2305950571018472055_n[1]Boh non lo saprei spiegare, però poi arrivi a sera, ti imbusti nel sacco a pelo, caldo, perfino comodo, perché se sei organizzato ti sistemi bene, epensi che ci sei riuscito, ne hai combinata un’altra per cui ti daranno del fesso.

Ma tu sei lì, e chi ti da del fesso non ci ha nemmeno provato, non sa com’è, e non lo saprà mai.

Chiù (saccu a) pilu per tutti!

Il sacco a pelo, croce e delizia del campeggiatore.
Visto che sembra che i raduni invernali stiano avendo un momento di gloria, e visto che qualcuno è venuto a chiedermi chiarimenti, direi che ci sta bene un seguito all’articolo sulle tende.

Il sacco a pelo è oggetto di discussione tra campeggiatori probabilmente da quando si conosce il pelo, le variabili sono molte ed ognuno ha le sue preferenze, più o meno motivate, al solito provo a dire la mia sperando di chiarire le idee a chi ne avesse bisogno.

PUNTO PRIMO: LE TEMPERATURE INDICATE

In Europa esiste una normativa (la EN 13537) che indica come devono essere misurate le “prestazioni” di un sacco a pelo, praticamente qualsiasi sacco a pelo, fatte salve le peggiori ciofeche, porta cucita un’etichetta, sulla custodia o sul sacco stesso, sulla quale sono indicate quattro, temperature. (Attenzione, la sola presenza dell’etichetta non basta a garantire la normativa, questa dev’essere espressamente citata).

temperature-sacchi

Quella riportata qui, forse una delle più chiare, è quella che si trova sui sacchi a pelo Ferrino, altre marche possono usare grafiche diverse ma i dati contenuti sono gli stessi.
La massima temperatura di comfort è un dato relativamente poco utile, sarebbe la temperatura fino alla quale un uomo adulto può dormire “senza eccessiva traspirazione”, con cappuccio abbassato, cerniera aperta e braccia fuori dal sacco. Utile fino ad un certo punto direi.

La prima temperatura di comfort (-9° in questo caso) è quella temperatura alla quale UNA DONNA STANDARD, può dormire in posizione rilassata senza provare freddo

Il limite inferiore di comfort (-16° in questo caso) è quella temperatura sotto la quale UN UOMO STANDARD, può dormire IN POSIZIONE RANNICCHIATA senza provare freddo

La temperatura estrema (-37° in questo caso) è quella temperatura fino alla quale il sacco a pelo può RIPARARE DALL’IPOTERMIA PER SEI ORE UNA DONNA STANDARD… Attenzione che questo non vuol dire che permetta di dormire, ma semplicemente che non vi fa morire.

test sacchiPer uomo standard si intende un uomo di 25 anni, di corporatura media, altezza 173cm, peso 73Kg
Per donna standard  si intende una donna di 25 anni, di corporatura normale, altezza 160cm, peso 60Kg
Questi dati si basano ovviamente su sensibilità “medie”, conosco donne che girano in canottiera in inverno, e uomini che iniziano a battere i denti a 15°, e le misurazioni vengono eseguite infilando nel sacco un manichino dotato di sensori che misurano la dispersione termica. quindi vanno presi con beneficio d’inventario, ma sono utili ad avere un inquadramento generale.

L’errore più comune che fa chi acquista per la prima volta un sacco a pelo, è lanciarsi sulla temperatura estrema, pensando di poter dormire a -30° in tutta serenità, niente di più sbagliato. Come scritto sopra, con un sacco a pelo indicante come “extreme” 30 gradi sotto lo zero, a quella temperatura vi evita di morire per ipotermia, ma passerete una notte d’inferno. Le temperature di interesse sono la upper e la lower comfort, poi dovrete essere voi a valutare se siete freddolosi o meno. Come indicazione generale, è utile ed ovvio ricordare che un sacco a pelo un po’ più pesante può essere tenuto aperto, uno troppo leggero vi farà dormire male; ovviamente senza esagerare, un sacco a pelo da spedizione artica, anche aperto, in estate non è comodo.

PUNTO SECONDO: LE IMBOTTITURE

Quindi fate mente locale, decidete cosa volete fare col vostro sacco a pelo e decidete qual è il rating di temperatura di cui avete bisogno. Fatto questo andate in negozio, o aprite il web e il secondo dilemma è “piuma o sintetico?” Altro argomento sul quale ci sono state discussioni fiume, si sono rotte amicizie, sono volati schiaffi e male parole. Non proprio, ma quasi.
Partiamo da un presupposto, con i materiali moderni si possono ottenere rating di temperature identici sia con la piuma che col sintetico, anche parlando di temperature estreme, non è quindi vero che “la piuma è più calda”, se uno vi fa un’affermazione del genere, o è un venditore in malafede che cerca di vendervi a tutti i costi un sacco in piuma, o non ha le idee chiare. Quello che fa la differenza tra i materiali isolanti è il filling power o  loft,  ovvero la capacità del materiale di imbottitura di gonfiarsi e quindi intrappolare aria, che è il vero isolante. Ne parliamo QUI
L
a piuma, o meglio il piumino (che non sono la stessa cosa) ha dalla sua il vantaggio di essere più leggero e comprimibile, quindi, a parità di peso ed ingombro, permettere di raggiungere temperature più basse, quindi, a parità di temperatura, un sacco in piumino sarà più leggero e meno ingombrante, quello si.
Se invece parliamo di piuma, le cose si ridimensionano un po’, i moderni sintetici ad alte prestazioni si avvicinano tranquillamente alle prestazioni delle imbottiture in piuma, quindi la differenza non esiste più.

Di contro, il piumino è un po’ più delicato, nettamente più costoso, e più sensibile all’umidità. Quest’ultimo punto può diventare delicato se si decide di dormire “en plen air”, senza una tenda sopra la testa, in questo caso, un coprisacco impermeabile e traspirante, o un sacco a pelo impermeabile (ne esistono) è quasi d’obbligo, finchè si usa una tenda e non si è esposti direttamente alle intemperie il problema è relativo. A questo punto verrebbe da pensare che, parlando di piumino, un sacco a pelo dotato di membrana impermeabile e traspirante sia comunque meglio, il problema è che, a parità di imbottitura, un sacco a pelo impermeabile è MENO CALDO di uno non impermeabile, questo perchè l’impermeabilità, comunque, riduce la traspirazione e tende ad inumidire l’imbottitura. Tanto per fare un esempio, il medesimo sacco a pelo prodotto da Marmot, il modello “never summer”, ha una differenza di 3° a favore della versione senza membrana impermeabile e traspirante, su altre marche si rilevano differenze anche più consistenti. Quindi, se non dormite all’aperto in inverno, un sacco a pelo con membrana è perfettamente inutile.

Posto quanto sopra, la scelta tra piumino e sintetico, secondo me, è assolutamente personale, entrambi i sacchi possono raggiungere le medesime temperature, se potete permettervi un sacco leggermente più pesante ed ingombrante, se ne trovano di eccezionali in sintetico, se peso e ingombro sono priorità assolute, allora il piumino è una scelta obbligata anche se più dispendiosa. Per quanto mi riguarda, per l’inverno, ho preso un sacco in piuma, con una minima di comfort pari a -18°, ma solo perchè l’ho trovato in offerta ad un prezzo pari al sintetico, altrimenti avrei optato per il secondo. Per l’estate invece ne ho due leggeri, uno in sintetico ed uno in piuma, e direi che sono assolutamente equivalenti, anzi forse il sintetico è un po’ più morbido perchè quello in piuma ha diversi anni di onorata carriera e si è un tantino “sgonfiato”.

sacco alligatore

C’è poi un altro dettaglio, le aziende più “serie” fanno i sacchi a pelo in diverse taglie, un sacco a pelo troppo stretto è maledettamente scomodo, uno troppo grande farà da “polmone” ogni volta che vi muovete riempiendosi di spifferi gelidi, case fanno anche sacchi a pelo “extra large”, se siete particolarmente robusti tenetene conto, già abituarsi ad un sacco a mummia può richiedere un po’ di tempo, se in più ci si è incastrati dentro può diventare veramente fastidioso.

 

 

Nikwax-down-wash

PUNTO TERZO: DUE DRITTE SULLA MANUTENZIONE

Un paio di parole sulla manutenzione, entrambe le imbottiture si possono lavare tranquillamente in lavatrice (il meno Nikwax-down-proofpossibile, e con ciclo delicato), il piumino richiede l’uso di saponi appositi, la cosa migliore è usare due prodotti, il primo per il lavaggio vero e proprio, il secondo per “impermeabilizzare” la piuma, questo non rende impermeabile il sacco a pelo, sia chiaro, rende solo idrorepellenti le singole piume che così sono meno sensibili all’umidità. Personalmente ho sempre usato i prodotti nikwax, questo per lavare e questo per trattare le piume dopo, ma sul mercato se ne trovano diversi e tutti piuttosto validi. Per il solo lavaggio va bene anche il normale sapone di Marsiglia liquido. Sia per il piumino che per il sintetico, io evitato di usare ammorbidenti e ripeto il risciacquo due volte.

Quando si toglie il sacco a pelo dalla lavatrice, soprattutto se è in piumino, si trova l’imbottitura completamente impaccata negli angoli, questa cosa fastidiosa può essere ridotta buttando qualche palla da tennis nel cestello della lavatrice.
Una nota riguardo all’uso dell’asciugatrice, non è vietato ma è bene attenersi scrupolosamente a quanto prescritto da ogni fabbricante, il rischio è quello di mandare in vacca il vostro splendido sacco a pelo. Nel dubbio io evito e lo faccio asciugare all’aria.

Infine una nota riguardo a come mettere via i sacchi a pelo, tutti. Quando non li usate evitate di tenerli schiacciati nella loro sacca, restare sempre e costantemente compressa, magari per mesi, non fa bene a nessuna imbottitura. Teneteli in un cassetto insieme alle trapunte, o in un saccone in cotone, i più belli vengono già forniti con un sacco in rete fatto apposta. Quando invece dovete riporlo nella sua sacca per trasportarlo, pochi sanno che il sistema più facile non è arrotolarlo: in genere ci si trova in mano un krapfen da 50cm di diametro che dovrebbe entrare in una sacca da 25; la cosa più pratica è chiuderlo, prenderlo dal fondo e schiacciarlo un po’ per volta all’interno della sacca, le prime volte sembra impossibile, ma con un minimo di pratica entra con facilità (non fate battute, bestie!), così facendo si evita anche di piegare le cerniere sempre negli stessi punti, allungandone la vita.

Bricolage.

Capita di avere una mezz’ora che non si sa come impegnare,
Capita di volere fissare il bagaglio sulla sella invece che sul portapacchi,
Capita di avere voglia di pasticciare un po’ sulla moto,

Qui c’è un’idea:

 

LedLenser H7.2 fiat lux

Una cosa che non doverbbe MAI mancare nell’attrezzatura di un viaggiatore in moto è una buona pila e, secondo me, oggi, niente supera in termini di praticità la frontale, permette di avere le mani libere se si deve lavorare e, le più potenti, possono addirittura sostituire il faro della moto in condizioni di emergenza (si prega che non succeda mai, ma se dovesse succedere…)

P1040287Le prime lampade frontali con cui ho avuto a che fare erano degli accrocchi ingombranti, pesanti e con un rendimento relativamente basso, la mia prima è stata una gloriosa Petzl Zoom con un riflettore grosso come una tazza per la colazione davanti ed una batteria piatta da 4,5V dietro, praticamente si girava con tre etti di roba sulla testa, la potenza era modesta e la durata anche. Le cose in termini di potenza miglioravano un po’ installando una lampadina alogena, ma la durata della batteria crollava drammaticamente.
L’avvento dei led ad alta efficienza ha cambiato radicalmente le cose, le frontali moderne raggiungono potenze in lumen altissime, senza andare su P1040288eccessi da 4500 Lumen per un prezzo di oltre mille dollari (si, esiste veramente), con qualche decina di euro si prendono lampade che superano agevolmente i 250 lumen (tanto per fare un paragone MOLTO a spanne, un led da 250 lumen fa la luce di una lampada ad incandescenza da 25watt, non mi insulti chi ne sa di illuminotecnica, è solo per dare un’idea) con durate superiori a quelle che si ottenevano usando modeste lampadine ad incandescenza, inoltre tutte le moderne lampade a led hanno la possibilità di regolare l’intensità del flusso luminoso, prolungando così la vita delle batterie fino a diverse decine di ore.

 

P1040282

Grazie alla disponibilità di Marco della Coltelleria Scintilla e del signor Conchieri di Led Lenser Italia l’argomento di oggi è la pila frontale Led Lenser H7.2 con il kit batteria ricaricabile della H7R.2.
La H7.2 ha una potenza massima di 250 lumen, non è estrema ma, ha una portata massima dichiarata di 250 metri, diciamo che forse il valore è un po’ ottimistico, ma la luce è davvero tanta e con un bel fascio ampio ed uniforme; l’ampiezza del fascio è regolabile ruotando la ghiera grigia intorno alla lampada, svitandola il fascio si concentra; l’alimentazione “di serie” è assicurata da quattro batterie AAA (mini stilo) che, secondo il produttore garantisce fino a 60 ore di luce (ovviamente non alla massima potenza).La regolazione della potenza avviene in continuo ruotando la rotella posta sul pacco batterie, la stessa rotella permette di selezionare tre “programmi” diversi, vediamo se riesco a rendere la cosa comprensibile perchè, tanto è semplice in pratica, quanto è un delirio spiegarla.

retroTenendo premuta la rotella posteriore per 5 secondi, si può passare da un programma all’altro, il cambio di programma è segnalato da uno, due o tre lampeggi, rispettivamente per il primo, secondo e terzo programma.
Il primo programma si chiama “Easy low”, al momento dell’accensione la lampada è al minimo della potenza, con un secondo click del tasto di accensione si seleziona la luminosità più alta e tenendo premuto il tasto di accensione per circa tre secondi, si entra in modalità boost, in cui la lampada eroga tutti e 250 i lumen disponibili

Il secondo è il programma “Easy power”, che fornisce la potenza massima all’accensione, la minima al secondo click, ed il solito booster tenendo premuto.
La terza modalità è quella più particolare, la lampada all’accensione è al massimo della potenza, al secondo click si mette a lampeggiare in modalità strobo per segnalazione e successivamente il boost come nelle altre modalità. Il boost è volutamente tenuto “separato” dalle altre modalità perchè riduce parecchio la durata della batteria ed il led potrebbe surriscaldarsi, è bene quindi usarlo solo quando si la necessità vera di un fascio di profondità, altrimenti la modalità power “normale” è più che sufficiente.

Un interessante upgrade per chi viaggia in moto, è il pacco batterie ricaricabile, questi va a sostituire semplicemente le 4 mini stilo senza nessuna modifica, ha un amperaggio di 1400mAh che dovrebbe garantire una durata un po’ maggiore rispetto alle normali batterie alkaline, che hanno un amperaggio pari a 1200mAh, la ricarica avviene attraverso la presa microUSB già presente sull’alloggiamento delle batterie. Ovviamente è possibile ricaricare sia da una presa a muro che dalla presa a 12V di un veicolo.

  ATTENZIONE , se si decidesse di usare batterie AAA ricaricabili, è sconsigliabile utilizzare la presa microUSB per ricaricarle direttamente nella pila, in commercio ne esistono di diversi tipi, diversi amperaggi e non è detto che il circuito non si rovini.

Isolamento, impermeabilità, traspirazione… un po’ di chiarezza

Visto che, finalmente, sembra stia smettendo di piovere a favore di un bel freddo tonificante, vorrei riprendere l’argomento “abbigliamento invernale” che avevo già trattato QUI, e parlare un po’ di membrane ed imbottiture.

Giusto poco fa, leggevo una discussione su Facebook nella quale qualcuno sosteneva che il goretex “è impermeabile e traspirante ma, a causa di questa sua peculiarità, non è adatto a proteggere dal freddo”; più giù qualcuno sosteneva che col goretex ci si bagna “se non si mette una vera membrana impermeabile sotto” e più giù ancora che “il meglio è la cerata”.
Direi che c’è un po’ di confusione, soprattutto perchè impermeabilità ed isolamento sono due cose totalmente diverse.

L’impermeabilità, come è facile intuire, è la capacità di non far passare l’acqua da un lato all’altro di una membrana, quando l’impermeabilità è assoluta, non passa nemmeno il vapore.
L’isolamento è la capacità di mantenere una temperatura costante al variare della temperatura esterna.

Il miglior isolante che esista è l’aria ferma ed asciutta, ecco perchè i capi più isolanti sono quelli che riescono a trattenere più aria. Una imbottitura di buona qualità, occupa un sacco di volume con una minima quantità di materiale, nel caso delle imbottiture sintetiche si misura il peso al metro cubo, nel caso del piumino si usano i CUIN (CUbic Inches), che indicano il volume, in pollici cubi, di un’oncia di piuma, sono due unità di misura opposte ma che misurano esattamente la stessa cosa: quanta aria riesce ad intrappolare una certa quantità di imbottitura. Imbottiture di scarsa qualità sono dense, pesanti, ed hanno dentro pochissima aria, quindi isolano poco.

CUINIl miglior impermeabile che esista, è la plastica, o il tessuto cerato, o spalmato, comunque a tenuta stagna

Il problema è che spesso l’impermeabilità va a scapito della termicità.
E questa è la cosa che crea più disorientamento, come può un tessuto più impermeabile essere meno termico di uno addirittura NON impermeabile? Semplicemente perchè oltre all’umidità esterna, c’è quella interna, noi sudiamo, sempre, comunque, anche restando fermi, anche se fa freddo. Magari sudiamo meno, ma la traspirazione corporea avviene SEMPRE, e quando la traspirazione incontra uno strato esterno impermeabile e freddo, ci si condensa sopra e da vapore si trasforma in acqua. E siamo bagnati…

A questo punto entrano in gioco le membrane traspiranti, Gore-Tex, Sympatex, Drytex, H2Out, sono tutti marchi commerciali che indicano tessuti che -nelle intenzioni del

proprietatessutiproduttore- tengono fuori l’acqua e fanno uscire il vapore in modo da evitare che si formi condensa.

Quindi no, il goretex non tiene caldo, ma perchè non è nato per tenere caldo, è nato per tenere asciutti e per evitare condensa.
E le cerate? Le cerate NON sono “più termiche del Gore-Tex” (o di qualsiasi membrana), sono semplicemente più impermeabili, l’impermeabilità di un tessuto si misura in mm di acqua, ovvero l’altezza della colonna d’acqua (e quindi del peso, e della pressione, della medesima) che il tessuto può sopportare prima di iniziare a farla trafilare. Una cerata, o una ipotetica giacca di plastica, ha teoricamente una impermeabilità assoluta, una membrana traspirante è inevitabilmente “meno” impermeabile, parliamo comunque di colonne d’acqua talmente alte da potersi considerare comunque a tenuta anche quando, viaggiando in velocità, l’acqua sbatte sul tessuto conforza e quindi con una pressione maggiore della semplice pioggia. Il problema delle cerate è che non traspirano NULLA e quindi torniamo al problema della condensa, spendiamo un cifrone di abbigliamento intimo ultra tecnico, che allontana il sudore dalla pelle, lo trasporta all’esterno, tiene asciutti, non puzza e ci fa anche due coccole, e poi il sudore trasportato all’esterno dalle fichissime mutande tecniche, si scontra con la cerata, condensa, e voilà, palle in umido.

Quindi, a mio modestissimo giudizio, la cerata è superiore solo in un caso: quando si debba guidare per ore ed ore sotto l’acqua battente, e solo per evitare di trovarci con l’esterno del completo fradicio, pesante dodici Kg, e che ci mette tre giorni ad asciugare. Per il resto, una bella membrana, con sotto una bella imbottitura è sempre migliore.

E vorrei aggiungere due righe riguardo al windstopper, che secondo alcuni è il non plus ultra da portare sotto al completo in cordura. Mi spiace, ma non serve assolutamente a nulla di più di un buon pile, anzi è meno caldo: il windstopper, come dice il nome, ha una membrana antivento laminata al pile che serve a fermare l’aria, per leggera e sottile che sia, anche lei riduce la traspirazione. Quindi, considerato che abbiamo GIA’ addosso uno strato (anzi, coi completi invernali spesso tre) che è perfettamente antivento, che senso ha metterne un quarto sotto, quando lo stesso effetto isolante, o addiruttura migliore, si ottiene con un semplicissimo pile?

Lo stato dell’arte.

1747 Tekno N 1Se non fosse per la versione con gli inserti giallo fluo, che sono un po’ il marchio di fabbrica di Clover, guardando il completo Tekno verrebbe in mente la frase “Ogni cliente può ottenerne una colorata di qualunque colore desideri, purché sia nero” (H. Ford).

Il Tekno è serio, essenziale, quasi minimalista, non ha tasconi applicati, patelle, prese d’aria arrotolabili o soluzioni più o meno futuristiche, non cerca di attirare l’attenzione. Anzi, se non la si osservasse nei dettagli sembrerebbe un completo quasi “povero”, invece andando a guardarla meglio ci si rende conto che siamo di fronte a un capo con degli altissimi contenuti tecnici, e che solo su quelli basa la sua ragion d’essere, come ho scritto nel titolo, secondo me, è lo stato dell’arte nel campo dei completi motociclistici in tessuto.

Iniziamo col dire che la giacca è una delle pochissime giacche interamente omologate a livello 2 secondo la normativa EN 13595, ed il pantalone, a quanto mi risulta, è l’unico sul mercato. Ho scritto “interamente” perchè in commercio si trovano parecchi capi che hanno inserite protezioni omologate a livello 2 ma che, di fatto, non lo sono nella loro interezza in quanto il tessuto non supera i test di abrasione e strappo richiesti dalla normativa e quindi, di fatto, non sono omologati.
Il tessuto della tekno supera il test di abrasione resistendo per oltre nove secondi, per avere un riscontro, la pelle delle tute è intorno ai 4 secondi (e nemmeno tutte), tranne quelle omologate che raggiungono i 7, valore minimo per ottenere l’omologazione.

mesh3DMi hanno prestato un completo Tekno per un paio di settimane e, al solito, faccio le mie personalissime considerazioni, la prima impressione, appena indossata la giacca, è “madonna se è rigida”, il tessuto esterno ha una mano piuttosto pesante e, inoltre, è interamente foderato in rete 3D e la sensazione indosso è abbastanza strana. Secondo me è più simile al peso di un capo in pelle che di quello in tessuto, di sicuro la sensazione di protezione è favolosa, e l’isolamento anche; non essendo riuscito a provarla col caldo, non mi pronuncio in merito. Ho provato ad aprire le prese d’aria ed ho avuto freddo, questo è certo, di più non so. Secondo Clover, la rete 3D dovrebbe contribuire a distribuire l’aria che entra dalle prese evitando l’effetto “coltellata gelida” solo dietro la presa d’aria.
Con l’imbottitura inserita invece, la giacca diventa una vera corazza, in realtà il peso vero e proprio non è di molto superiore a quello di qualsiasi altro capo in cordura a tre strati, ma tra tessuto pesante, rete 3D, membrana e fodera termica non si sente un millimetro di vuoto, la giacca aderisce come un guanto, non fa sbuffi, pance o pieghe, vale quanto detto sopra riguardo alla giacca di pelle, qui sembra di avere indosso una tuta da pista, bisogna farci un attimo l’abitudine ma a me la sensazione è piaciuta.

tekno_fangoQuello che invece ho trovato forse eccessivo è l’isolamento, per le temperature a cui l’ho provata (mai sotto zero, al massimo un paio di gradi sopra), l’imbottitura per me era troppa roba, al punto che mi son ridotto a girare in maglietta ed infilarmi frettolosamente il pile appena mi fermavo e toglievo la giacca. Quindi ho praticamente sempre usato solo lo strato esterno con la membrana inserita, senza imbottitura termica. Ovviamente esistono anche le temperature sotto lo zero, ed esistono anche persone più freddolose di me (io sono la dannazione della mia compagna, voglio le finestre aperte in camera da letto anche in gennaio), quindi quello sopra è un giudizio che lascia il tempo che trova.

Tasche ce ne sono un’infinità, 8 di cui 6 a tenuta stagna, tutte piuttosto aderenti, meglio quindi evitare di metterci grossi mazzi di chiavi o roba ingombrante e spigolosa, il massimo che ci sta è una macchina fotografica compatta, un cellulare o il portafogli. Parlandone con Clover, la risposta è stata “se cadi ed hai in tasca qualcosa, ti fai del gran male”, nulla da eccepire.

Belli anche i pantaloni, qui stavolta l’essenzialità è al limite, due tasche laterali stagne, due prese d’aria e stop, in compenso hanno le bretelle, la vita è bella alta e la possibilità di giuntarli alla giacca con una cerniera decisamente lunga rendono l’insieme assolutamente a prova di spiffero invernale, anche i pantaloni sono omologati a livello 2 quindi valgono le stesse considerazioni sullo spessore del tessuto fatte riguardo la giacca.

Un’ultima nota riguarda il prezzo del completo, sicuramente non è regalato, ma è assolutamente allineato (anzi, in diversi casi nettamente meno costoso) dei capi top di gamma di tante altre ditte che non presentano l’omologazione e, in alcuni casi, nemmeno una qualità lontanamente paragonabile a questa, e parlo di marche ritenute al top sul mercato.
E sempre restando in tema di prezzi, è anche meno cara della diretta concorrente omologata livello 2 (la spidi ergo 365 expedition, che costa un buon paio di centini di più).

 

L’EICMA è pieno di vacche!

No fermi, ferme, non linciatemi, almeno non ancora.

Non lo sostengo io, lo sostiene unA amabile utentA di un gruppo facebook che aggiunge “che manco sanno cosa sia un bicilindrico, cazzo!”.

Che all’EICMA ci siano quasi più pipparoli che motociclisti è un dato ormai assodato da tempo, che nemmeno molti dei suddetti pipparoli non sappiano cosa sia un bicilindrico, è anch’essa una certezza, quello che mi ha stupito è la botta di acidità che queste figliole suscitano in alcune motocicliste. Dagli uomini paganti ho sentito dire le peggio battute da caserma, ma difficilmente ne ho sentiti lasciarsi andare in giudizi morali così crudi come quelli emessi inappellabilmente da alcune loro colleghe.

So già che, a questo punto, qualcuna avrà già urlato “collega un cazzo, io non faccio la zoccola”, confermando quanto ho appena scritto sopra.

Ebbene, devo smentire due luoghi comuni:
– primo, il fatto che si facciano fotografare insieme a voi, non implica che accetteranno inviti a cena, numeri di telefono, biglietti da visita, aeroplanini con scritto dentro “vola via con me” o addirittura offerte tipo “ti faccio fare un film coi vanzina” (tutto vero)
– secondo, il fatto che non facciano altro che restare sedute su una moto, generalmente in vestiti attillati, non implica il fatto che siano zoccole

Qualcuna è motociclista, e a qualcuna delle moto non frega assolutamente nulla, quindi, evidentemente, non è tenuta a sapere cosa sia un bicilindrico visto che non deve spiegare fiches tecniche ai visitatori (comunque conosco anche motocicliste, ed anche motociclisti, che non sanno cosa sia un bicilindrico o quasi)

hot-mess-ducati-panigale-motocorsa-1Stendiamo un velo pietoso sulla categoria pipparoli e soffermiamoci un attimo sui giudizi morali, la domanda che mi pongo è “perchè -in linea di massima- solo le donne giudicano “zoccole” altre donne che usano la loro immagine per guadagnarsi da vivere? La prima osservazione che ho fatto è che difficilmente una che potenzialmente potrebbe fare un lavoro del genere giudica male chi effettivamente lo fa. Mi spiego meglio, in genere questi giudizi categorici ed assoluti mi sanno un po’ di “vorrei ma non posso” (e qui qualcuna mi starà odiando ferocemente).

La seconda osservazione che mi viene in mente, è che non riesco a capire perchè se fai vedere il cervello sei una paladina della categoria, se fai vedere il culo no, sono entrambe parti anatomiche degne di rispetto ed aventi una loro dignità.

Boh, sarà un mio mero punto di vista ma ho la netta impressione che “l’emancipazione femminile” diventi autoghettizzazione, ho letto post di donne che si rifiutano di andare in giro con motociclisti uomini, ho letto di manifestazioni durante le quali era espressamente richiesto di lasciare a casa gli uomini, la cui partecipazione non è gradita.
Ho letto post di donne che prima sostengono che andare in moto è una cosa perfettamente normale anche per una donna, e poco dopo “non credevo ce l’avrei mai fatta, pensavo fosse impossibile” (ragazza mia, a meno che tu non sia totalmente ottenebrata, come hanno imparato tanti maschietti, non vedo perchè una donna non dovrebbe riuscirci o dovrebbe sentirsi un fenomeno per esserci riuscita)

Ho letto una scrivere “dovreste vedere le facce della gente quando mi fermo, tolgo il casco, e vedono che sono una donna, non sanno cosa dire, una volta uno mi ha addirittura sorriso” (giuro, ha scritto così)

Ok, può anche starmi bene, potrei anche farci sopra decine di battute scontate, ma se la stessa cosa venisse scritta sulla locandina di un motoraduno esclusivamente maschile, oltre alle solite scontate battute sul fatto che i motociclisti sono mezzi ricchioni, probabilmente ci sarebbero un paio di interrogazioni parlamentari, una manifestazione di protesta, un centinaio di reggiseni bruciati e quei pochi motociclisti non ricchioni, non la vedrebbero per dei mesi.
In compenso giusto due minuti fa mi capita sott’occhio il link a un articolo di PIANETA DONNA (quindi sicuramente non una bandiera del machismo militante), scritto da una donna, i cui titoli di paragrafo sono:

IMAG0438 Il look (e la scelta della moto) della perfetta motociclista (sia mai che prendi una moto fuorimoda o della scorsa stagione)
– Essere di moda anche sulla moto (quest’anno va il look hipster, ma l’anno prossimo? cambi moto e guardaroba? E se un anno dovesse andare il look ballerina classica?)
– La scelta dei colori della moto (tremo al pensiero di quando andrà di moda la fantasia tartan o pied-de-poule)
– La scelta degli accessori e la personalizzazione (ovvero consigli per i carrozzieri che intendano verniciare il serbatoio pendant  con le unghie della pilota)
– L’aspetto tecnico e funzionale PER ULTIMO…

 

Ragazze, non vi viene il dubbio che, a volte, un po’, vi stiate tirando la zappa sui piedi?
Ok, adesso potete anche linciarmi.

Il SUO punto di vista. L’opinione di Maria.

IMG_20141005_164319Penso sia capitato a quasi tutti i motociclisti di essere vittime dell’idea di mettere in sella la propria compagna.
Qualcuno non ci riesce, qualcuno si, ma cosa succede di preciso quando ci riesce?
Succede che poi, se ha un blog, vuole un articolo. E quella è la parte più difficile.

(Quello che succederà appena vede la foto qui a fianco, ve lo risparmierò, sarà cruento)

 

 

 

Questo è un videoriassunto.

E questo è quello che pensa, senza filtri intermedi.

Ricordo perfettamente lo sguardo terrorizzato dell’esaminatore della motorizzazione quando tagliai con disinvoltura la strada a un furgone bianco. La patente però me la diede comunque.

“FBL” mi disse

“FBL?”

“Fa balà l’occ!”

Il mio sguardo vacuo a quella che doveva essere una illuminante spiegazione fece comparire nei suoi occhi un guizzo di ripensamento, ma l’omino della scuola guida con una disinvolta gomitata mi salvò dall’impiccio.

La foto della mia patente è proprio venuta bene. Sarebbe stato un peccato.

Non è che le cose poi, con gli anni (pochi eh!), siano molto migliorate. Ma le due ruote sono un’altra cosa, giusto?

E spero che siano un’altra cosa anche rispetto alla bici, che di ruote sempre due ne ha. No, perché i vigili riescono a tirarmi le orecchie pure quando pedalo. E la mia bici è poco più che un triciclo.

Questa premessa può spiegare lo sgomento di chi mi conosce nel vedermi inerpicata sopra un KTM 950.

Pesante. Molto pesante.

Enorme. Molto enorme.

E alto. Molto alto.

E io appollaiata là sopra che comincio a chiedermi ‘perché?’ e cerco di stirarmi le gambe più che posso. Per la prima volta nella mia vita mi sento bassa. Eccolo il primo insegnamento motociclistico: essere bassi è una fregatura. Pure se non lo sei.

Stira la gamba, non inclinare la moto, stira la gamba non inclinare la moto.

E non è che vedere le foto di Gaston Rahier, che nano lo era davvero, mi sia di gran conforto.

Stira la gamba, non inclinare la moto, stira la gamba non inclinare la moto.

Mi concentro.

Trovo un equilibrio precario e cerco di focalizzarmi su quello che dice il Pelati.

Stira la gamba, non inclinare la moto, stira la gamba non inclinare la moto.

‘Premi la frizione e metti la prima’

FBL almeno era un segnale in codice. Questo è italiano, ma lo sguardo vacuo è lo stesso di tanti anni fa. Ehm… pochi anni fa. Pochi!

Stira la gamba, non inclinare la moto, stira la gamba non inclinare la moto.

Ok, certo, se ci sono le marce ci deve essere una frizione. Logico. Che la frizione stia al posto del freno anteriore, però come facevo a saperlo? E sono sicura che non dipenda dal fatto che sono concentrata a non scatafasciarmi in terra col kappone.

Il neurone, quando non è impegnato a stirare la gamba e a non inclinare la moto, sbraita un sempre più isterico ‘PERCHE’?’

Comincio a credere che abbia ragione.

L’entusiasmo che dovrei avere io lo vedo tutto nel Pelati, ma temo sia tardi per i ripensamenti.

E allora parto. Parto.

Wow. Si muove.

Fico. Non cade.

Wow. WOW. UuuuH WOW sto andando! Sto andando!! STO AAANDANDOOOOO!!

E’ iniziata così.

Il neurone il perché alla fine non l’ha mica ben capito, però ha smesso di urlare e secondo me si diverte un casino.

P.S.: ovviamente appena mi sono fermata sono caduta. Io e il kappone. Forse in quel momento il Pelati ha perso l’entusiasmo iniziale. Il suo entusiasmo maltrattato l’ho adottato io. E a lui ho lasciato i miei ripensamenti. Ma ormai è tardi. Il neurone si è messo il casco.

Senza parole, o meglio, ne bastano poche.

Questo è lo spot “ufficiale” del KTM990 adventure (quando è uscito il 950 non c’era ancora stato il boom di youtube e non ho trovato un video dedicato, anche se questo è girato con un 950)

 

Questo è lo spot ufficiale del nuovo KTM 1290 Superadventure

 

A parte la ovvia differenza di qualità video… notate niente?

 

Potete dire quello che volete, che è quello che vuole il mercato, che è quello che la gente compra, blah blah blah, ma la seconda NON E’ parente della mia adventure. Non ne è nemmeno l’evoluzione, è un’altra moto.
E un po’ mi dispiace, perchè un’altra vera “adventure” non esiste.

“una volta ci passavano le automobili!”

Sabato mi è capitato di ripassare dalle parti del rifugio S.Maria del Giogo e, con una lacrimuccia mi è venuto in mente l’inizio di una brillante carriera da fuoristradista incapace e scriteriato.

Correva l’anno… penso il 2009, insomma, qualche anno fa, non mi ricordo di preciso, ma avevo appena comprato il primo Kappone. praticamente alla cieca, senza averne mai provato uno, provenendo da un GSX-R750… insomma una scelta ponderata, ragionata e motivata. E che mi esaltava un casino.

Insomma, in una tetra giornata di febbraio, sono in ufficio che mi riguardo le foto della mia meravigliosa moto nuova di terza mano, con le gomme TASSELLATE (in realtà una coppia di marcissime scorpion praticamente finite) e decido “in pausa pranzo vado a fare FUORISTRADA!”. Dove andare? Nelle strade di campagna qui intorno, in mezzo ai vigneti, ci ho già girellato un po’, autoconvincendomi che il fuoristrada è fichissimo e io sono destinato ad un esaltante futuro nel mondo dell’offroad, ma alla fine sono tutte strade che conosco, le ho già girate a piedi e in MTB, una moto del genere urla “portami ad esplorare l’ignoto”.
Abbandono istantaneamente l’idea di arrivare almeno in Toscana (il tempo della pausa pranzo non me lo permetterebbe) e mi chiedo se sia possibile andare dalla Val Camonica alla Val Trompia scavalcando le montagne sopra al lago d’Iseo.

IMG-20140914-WA0011[1]E’ febbraio, fa un freddo maiale, pioviggina, secondo il mio personalissimo punto di vista, il fatto stesso di essere in moto, è un motivo valido e sufficiente per andare in moto, quindi non me ne importa nulla. “A naso” prendo la strada che sale verso S.Maria del Giogo, penso possa essere quella con più probabilità di trovare qualcosa, il panorama è sempre uno spettacolo, il fatto che la strada sia stretta, sporca e umida mi convince sempre di più che col Kappone mi divertirò più che col GSX-R (su un altro tipo di strada avrei pensato esattamente il contrario ma fa niente, l’importante è avere poche idee ma confuse)

Arrivo nei pressi del rifugio, la strada sembra essere a fondo chiuso, gironzolo un po’ per il piazzale finchè incrontro un simpatico villico, munito di cane al guinzaglio, stivale di gomma verde d’ordinanza e una vistosa ingessatura al braccio.
“mi scusi buonuomo, è forse al corrente dell’esistenza di una qualsiavoglia forma di collegamento stradale tra la valle Camonica e la valle Trompia?”

IMG_20140914_191926“Casso se! ghè la htrada ecia che la va dho a Gombio, l’è mia ‘hfaltada ma l’è bèla!”
(accidempoli se esiste, è l’antico collegamento stradale che porta a Gombio, non è dotata di manto d’usura ma è bella)

“uhm… cosa intende dire con -bella-? Trattasi di strada o sentiero?”

“ma no, casso, ‘na olta i ga pahaa i machine! l’è ‘na htrada! L’è le ndo che fineh ol piahal”
(ma no, perdinci, un tempo ci transitavano automobili, è li dove finisce il piazzale)

“Scusi dove?”

“Lè, lè, va dèt ‘n del bohcài, dopo la deènta bèla”
(Lì, lì, inoltrati nella macchia, più avanti diventa bella)

La situazione un po’ mi lascia perplesso, “la macchia” a cui si riferisce il villico è quella della foto sopra, ovvero un muro compatto di piante con solo un accenno di sentiero. Presumo comunque che tra cane, galosce in gomma, e braccio rotto, se volesse abusare di me non riuscirebbe a raggiungermi, e decido di fidarmi della frase “una volta ci passavano le automobili” e mi inoltro nella macchia…

IMG_20140914_184159La storia delle automobili inizia a lasciarmi perplesso, mi chiedo se una volta avessero automobili più strette di quelle che girano adesso, e non mi riferisco ai SUV, ma anche alle panda o al subaru Libero E12, ovvero il veicolo più sproporzionato della storia dell’automotive, visto che “la strada bella” è questa cosa qui… che è larga, dove è tanto larga, circa un metro e mezzo ma in alcuni punti riesco ad appoggiare i piedi ai lati del sentiero.

Il mio bagaglio di guida fuoristrada si limita a qualche passeggiata in mezzo ai campi, su strade larghe come una trebbiatrice, con fondo asciutto e ben tenuto, inizio a sudare sotto al giaccone invernale superimbottito, un po’ perchè vado a passo d’uomo zampettando, un po’ perchè me la sto facendo sotto. Le “gomme tassellate”, che di tassello non hanno più nemmeno il ricordom ad ogni pietra bagnata scartano, oggi mi rendo conto che non stava succedendo NULLA, all’epoca mi sembravano paurose sbandate destinate a farmi precipitare giù per la scarpata che si apre minacciosa a lato sentiero.

Sudo, sbuffo, bestemmio, penso che mi incatramerò in terra e mi ritroveranno a primavera. O che, se non dovessi farmi nulla, dovrò chiamare il soccorso alpino per farmi recuperare la moto a valle. Penso di girare il Kappone e tornare indietro, ma non saprei da che parte iniziare, non resta che continuare, praticamente sempre zampettando.

Quando arrivo a questo punto, sono assolutamente certo che cadrò rovinosamente, mi spaccherò io, si spaccherà la moto, non potrò chiamare i soccorsi, sto per abbandonarla sul cavalletto e tornare a piedi con la speranza di incontrare qualche endurista di provata esperienza (è risaputo che durante la settimana, in pausa pranzo, in febbraio PULLULA di enduristi) che mi tolga da questa mostruosità trialistica.

.IMG_20140914_184055Sto riflettendo per trovare una soluzione che mi salvi da morte certa e/o perdita della moto quando chi ti arriva?

IL VILLICO CON GLI STIVALI…

Mi guarda… ride… e mi fa: “CASSO, harà mia la prima òlta che ta fet MOTOCROSS?”
(opperbacco, non sarà la prima volta che ti dedichi al motocross?)

“ehm… argh… coff coff… Villico… ENCÜLET!”

Mi sorpassa e se ne va a piedi, ridendo…

Alla fine ne sono uscito, ho fatto circa 3Km in TRENTA minuti abbondanti, sono sceso a Gombio e li cosa mi trovo? La strada chiusa da una sbarra…
L’epilogo ha visto un aspirante fuoristradista girare come un cretino per le case della zona, suonando campanelli e cercando il proprietario della sbarra, fermamente deciso a NON tornare indietro.

 

E’ stato l’inizio della fine…